L’agroalimentare made in Italy contro le crisi, in crescita del +31% dal 2015, dice il rapporto Teh Ambrosetti. L’export raddoppierebbe senza le imitazioni “italian sounding”.
La filiera agroalimentare continua a essere una delle punte di diamante dell’Italia. Non solo per la qualità riconosciuta a livello globale dei propri prodotti, ma anche come contributo all’economia nazionale.
Nel 2022, infatti, il comparto ha raggiunto un fatturato di 251,1 miliardi di euro (una crescita del 31% rispetto al 2015), 176,7 dei quali provenienti dai prodotti food & beverage e 74,4 dal comparto agricolo. Sono alcuni dati provenienti da una ricerca condotta da The European House-Ambrosetti realizzata in occasione dell`ottavo forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” di Bormio, che si è tenuto tra venerdì 7 e sabato 8 giugno.
I numeri, secondo il report, se si estende il settore agroalimentare anche alla distribuzione, all’horeca e all’intermediazione, il comparto raggiunge ricavi totali pari a 586,9 miliardi di euro. E nel complesso la filiera, che occupa 3,7 milioni di lavoratori, genera 334,5 miliardi di euro di valore aggiunto – pari al 19% del Pil italiano, una crescita del +2,6% rispetto al 2021-, suddivisi tra agroalimentare in senso stretto (66,6 miliardi), intermediazione, distribuzione e horeca (67,5 miliardi) e filiere attivate a monte e a valle (200,4 miliardi).
“In un contesto di crisi permanente che ci accompagna dal 2020 tra emergenza sanitaria e tensioni internazionali, è la qualità della produzione agroalimentare made in Italy il fattore che ha permesso al settore di continuare a crescere: siamo il primo Paese nell’Unione Europea per prodotti certificati, 890 in totale, di cui 326 dal mondo alimentare, che valgono 8,9 miliardi di euro, e 564 dal settore vinicolo, per oltre 11 miliardi di euro”, commenta Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European HouseAmbrosetti.
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Fonte: L’Economia – Corriere della Sera