Venticinque anni di DOP mostrano che è stato fatto un grande lavoro che ha portato il settore a una quota del 10% del totale agroalimentare, con un valore di quasi 14 miliardi di euro «che diventano 15 – ha spiegato il Direttore Generale della Fondazione Qualivita Mauro Rosati – considerando anche l’universo delle vendite a “km zero”. Con le DOP l’Italia ha cambiato il modello economico dell’agroalimentare indicando una strada che sta incuriosendo sempre più anche i produttori di altri Paesi».
Adesso però occorre un nuovo salto di qualità. E una delle strade più interessanti potrebbe essere la prospettiva fornita dal mondo della “ristorazione informale“. «Un’espressione nella quale facciamo rientrare vari fenomeni – ha aggiunto Rosati – che a mio avviso possono garantire nuovi canali di distribuzione. Da un lato c’è quello che è noto come lo “Street food” e che può contare su 60mila attività fisse e circa 8.500 attività mobili. A questi vanno aggiunti i “food concept italiani“. Stiamo cioè parlando di circa 20mila store in giro per il mondo dedicati alla pizza oltre ad altri 23mila dedicati al caffé e ai quali si potrebbero aggiungere altri ancora. Si tratta di canali che conoscono bene cosa sia il food made in Italy e hanno un’idea precisa della cucina italiana. Se riuscissimo a interagire meglio con questi soggetti penso che potremmo dare un nuovo impulso alle vendite di DOP IGP italiane».
Sul piano distributivo chi invece ha posto l’accento sul mai sorpassato rapporto con la Gdo è stato il Direttore di Ismea, Raffaele Borriello. «È fondamentale rafforzare il dialogo con la grande distribuzione – ha detto il direttore di Ismea – visto che dalle nostre verifiche la quota di vendite DOP in promozione arriva a sfiorare il 40% del totale. E solo la strada del dialogo può consentire di frenare il fenomeno evitando di svilire i marchi DOP». Altro aspetto fondamentale è quello di rafforzare la diffusione e la penetrazione del sistema delle Indicazioni Geografiche. «Sotto questo profilo – ha detto ancora il direttore di Qualivita – penso si debba aprire una riflessione su un reale allargamento del registro delle DOP IGP anche agli Spirits, alle bevande alcoliche che finora sono rimaste ai margini. Si tratta di una prospettiva “politica” direi, perché consentirebbe ai produttori di bevande alcoliche soprattutto anglosassoni di guardare sotto una diversa luce al nostro sistema. Cioè proprio a quei paesi e quelle culture che finora raramente si sono rivelati amici né tantomeno sensibili alle logiche della qualità certificata».
Fonte: Sole 24 Ore – Agrisole