Dopo due giorni di eventi, gli stati generali dell’agroalimentare hanno seminato non solo progetti e idee ma anche certezze assodate, a partire dall’urgenza che questa esperienza si trasformi in una comunità organizzata, che consenta alle piccole imprese del settore di ‘fare sistema’. Con più di mille ospiti registrati, ottanta relatori, cinquanta aziende, quaranta storie di innovazioni e cinquanta ricercatori, l’iniziativa lanciata da Prima, Qualivita, Comune e Università di Siena ha fatto centro, offrendo un contesto per ripensare un settore in cui la tradizione può confermarsi la carta vincente, ma solo se supportata dall’innovazione tecnologica.
Passato e futuro, rurale e digitale, esperienza e visione. Una cosa prima di tutto ha dimostrato Agrifood Next: si può fare. A patto che, come hanno messo in luce i vari tavoli tematici che si sono riuniti attorno agli argomenti portanti della manifestazione, si parta dalla formazione. Da una cultura dell’innovazione che scardini la diffidenza tanto degli imprenditori quanto dei consumatori. I numeri per farlo ci sono. A partire da quelli della camera di commercio, riportati dal presidente Massimo Guasconi: «Un quarto delle nuove iscrizioni è di imprese giovanili». E queste sono sicuramente le più sensibili all’innovazione, ma allo stesso tempo le più fragili. Su questo tema si è soffermata la tavola rotonda moderata dal capo della redazione de La Nazione, Pino Di Blasio, che citando Giorgio Gaber ha chiamato in causa le istituzioni: «Queste aziende hanno ‘mangiato un’idea’, ora la politica deve rispondere». «Abbiamo approvato alla Camera – ha detto l’onorevole Susanna Cenni, della commissione agricoltura – due leggi importanti. Una sull’agricoltura biologica e una sul divieto delle aste al ribasso. Il futuro dell’agricoltura non può essere legato solo al sottocosto, perché qualcuno quel prezzo lo paga e spesso dietro c’è lo sfruttamento del lavoro».
«La Toscana – ha invece risposto Roberto Scalacci, dirigente della Regione – ha investito 40 milioni di euro a sostegno di 114 progetti sull’innovazione proposti da imprenditori. Riguardavano migliaia di agricoltori, molti dei quali erano giovani. Una strategia che si lega alla necessità di ripopolare le aree rurali, migliorandone la vivibilità». Zone delicate, dove gli effetti dei clima possono causare disastri senza un’adeguata manutenzione, che solo la presenza umana può garantire. «Il primo target – conferma Carlo Hausmann, direttore di Agro Camera – è il cambiamento del clima. L’innovazione deve guardare a questo. Abbiamo piccoli imprenditori, a volte davvero geniali Agrifood ci dimostra, ma spesso sono soli. II web certo ha offerto enormi potenzialità di riposizionamento a chi fa buoni prodotti, ma servono innovazioni anche normative».
Sulla stessa linea, Massimo lannetta, responsabile della divisione biotecnologie e agroindustria di Enea: «L’anno scorso abbiamo messo a disposizione un milione di euro per idee da sviluppare sulla quali poi chiedere una manifestazione di interesse da parte delle imprese. Quest’anno abbiamo investito due milioni. È importante però accompagnare le piccole imprese in questo percorso, e Agrifood Next deve diventare un punto di riferimento in questo senso». Auspicio condiviso anche dal tavolo di lavoro dedicato all’agribusiness, il cui coordinatore, Giampiero Bergami (Mps) ha concluso: «II problema sentito da molte imprese è di non avere all’interno chi gestisce l’innovazione. Per questo c’è una forte domanda a ripetere Agrifood Next, per i prossimi cento anni».
Fonte: La Nazione