L’Unità
Come sta l’agricoltura italiana? Ma al di là delle impressioni generali, per dare una risposta occorre dar voce ai numeri che sono ben evidenziati nel Rapporto 2013 sullo Stato dell’Agricoltura dell’Inea. Siamo di fronte a una fotografia dai colori contrastanti che misura l’andamento del settore primario, le performance aziendali, l’export, la competitività delle imprese e il ricambio generazionale le tematiche ambientali, il greening anche alla luce del recente accordo sulla riforma della Politica Agricola Comunitaria. E cosa ci dicono i numeri? Ci dicono che la crisi del 2008 continua a ripercuotersi sull’economia nazionale, che, nel periodo 2007-2012, ha visto il Pil reale perdere il 6,9% del proprio valore, con un tasso medio annuo di decrescita pari all’1,4%. Di fronte a questo disastro il settore agricolo nel suo complesso sembra aver reagito alla recessione in atto meglio di altre realtà. La produzione del settore agricolo nei prezzi di base e in valore reale è infatti cresciuta nel 2008, si è ridotta, ma in misura molto contenuta, nei due anni successivi, ed è rimasta stabile nel 2011. È solo nel 2012 che gli effetti recessivi della crisi colpiscono il settore agricolo nella loro pienezza: produzione, valore aggiunto, consumi intermedi, consumi finali delle famiglie (ovviamente alimentari) diminuiscono sensibilmente.
Dati alla mano, in termini reali, i risultati sono preoccupanti per la caduta sia della produzione (-3,3%), sia, soprattutto, del valore aggiunto, la cui flessione in questo anno (-4,4) è quasi il doppio di quella, pur molto negativa, verificata per il Pil (-2,4%). Per quanto riguarda il Pil, il 33% della sua riduzione dal 2007 è stata determinata da quanto avvenuto nel 2012. Al contrario, per il settore agricolo, il 2012 registra il 68% della contrazione complessiva della produzione, il 49% della contrazione dei consumi intermedi e il 79% della flessione del valore aggiunto.
Quello che si evince è che il vero traino dell’economia continuano a essere le esportazioni. In particolare, il commercio internazionale ha svolto un ruolo anticiclico: dopo il crollo del 2008, la domanda internazionale ha ripreso a crescere, così come le importazioni, sebbene a tassi sensibilmente più bassi, favorendo un costante miglioramento della bilancia commerciale alimentare. Questo fattore è testimoniato dal positivo andamento del saldo normalizzato, passato dal -15% del 2007 al -9% del 2012.
L’analisi dei dati suggerisce l’esistenza di uno spostamento degli sbocchi della produzione dal mercato interno, in crisi, verso i mercati esteri, molto più dinamici, laddove a un incremento in valori correnti di soli 5,1 miliardi di consumi alimentari interni, si contrappone una crescita di 7,3 miliardi, a prezzi correnti, di esportazioni di prodotti alimentari, sempre nell’intervallo 2007-2012. In questo periodo le esportazioni agro-alimentari sono cresciute, passando dal 7% all’8,2% del totale: il tasso di crescita annuale è sempre stato positivo, con l’eccezione del 2009.
Anche per le esportazioni agro-alimentari il 2012 è stato un anno difficile, con il tasso di crescita in flessione dall’8,5% del 2011 al 5%. Analoga contrazione si rinviene per tutto il comparto del made in Italy, eccezion fatta per quanto riguarda le esportazioni agricole. La componente più significativa delle esportazioni agroalimentari dell’Italia è quella degli alimenti trasformati (19 miliardi di euro), seguita a distanza dalle bevande (6,2 miliardi di euro) e dal settore primario (5,6 miliardi di euro).
“Anche se i dati indicano come la solo prospettiva il mercato estero – commenta Denis Pantini, responsabile del settore agroindustria di Nomisma – bisogna tener conto che la propensione all’export dell’industria alimentare italiana è mediamente pari al 20% e che circa il 70% di tutto l’export di settore è di pertinenza delle aziende medio-grandi (che a loro volta pesano numericamente sul tessuto imprenditoriale del settore alimentare per meno del 2%), non può esserci una tenuta o sviluppo del settore che non passi da una ripresa dei consumi alimentari a livello nazionale, essendo il mercato interno ancora fondamentale per tutte le imprese italiane”
Insomma, per quanto l’internazionalizzazione sia oggi l’obiettivo prioritario per la nostra agricoltura ed anche dell’ industria alimentare, la sostenibilità delle imprese italiane e di tutto il Paese, non può prescindere dalla tenuta del mercato interno.
20130726_Foodpolitics.pdf