IL Gavi DOP nel mirino dell’Antitrust e, a ricaduta, sono sotto bersaglio anche il Brachetto, il Moscato d’Asti DOP. Nei giorni scorsi, infatti, l’autorità per la libera concorrenza ha pubblicato sul bollettino ufficiale un parere che potrebbe mettere fine alla pratica degli accordi di filiera. Un vero e proprio terremoto per i produttori che da una trentina d’anni si riuniscono con l’industria del vino per fissare le quote di resa delle vigne e prezzi minimi delle uve.
A sollevare il caso davanti al Garante è stato un imbottigliatore del Gavi DOP. L’Antitrust è intervenuta bocciando di fatto le cosiddette commissioni paritetiche: una consuetudine tutta piemontese, nata inizialmente per il moscato in un momento di contrazione del mercato ed estesa, successivamente, alle altre due DOP della provincia, Gavi e Brachetto. «E’ ancora presto per poter prevedere le conseguenze di questo parere», dicono gli agricoltori, ma è già evidente «che non potremo non tenerne conto», commenta Luca Brondelli, presidente di Confagricoltura. E, a naso, le ricadute rischiano di essere disastrose per centinaia di produttori «che sono la parte debole della filiera». In pratica, secondo il garante, i patti tra produttori e acquirenti, attraverso i quali si controllano «variabili economiche anche significative» come le quantità di
uve e vini (blocage), vanno circoscritti rigorosamente a quanto consentito dalla legge «con l’espressa esclusione di accordi di prezzo delle uve e tanto più dei vini sfusi», per non incidere « sulle disponibilità di prodotto (e conseguenti prezzi) nei mercati finali». «In realtà gli accordi di filiera non determinano il prezzo del vino, ma danno indicazioni sulle rese (quantità) e sul prezzo uve. In genere tali accordi vengono rispettati, ma non sono vincolanti», precisa Maurizio Montobbio, presidente del Consorzio di tutela del Gavi DOP.
Fonte: Secolo XIX