Milano Finanza
Casi di successo come Eataly e Cremonini, dice il numero uno del gruppo, possono consentire al Paese di giocare un ruolo da protagonista. Intanto con il passaggio sotto Cdp le aziende potranno avere più credito.
È una guerra senza quartiere quella che la Sace di Alessandro Castellano sta combattendo ogni giorno per sostenere le aziende italiane e consentigli di battere la concorrenza di imprese straniere nel panorama internazionale. La crescita dello spread tra titoli di Stato italiani e Bund tedeschi e la freddezza delle banche estere che hanno chiuso i rubinetti alle imprese tricolori coinvolte nei progetti internazionali, sono avversari difficili da sconfiggere. «Ma stiamo facendo di tutto per consentire alle imprese italiane di uscire dalla crisi e ripartire», dice Castellano a MFMilano Finanza, «È un po’ come nel film Ogni maledetta domenica, dove si gioca una partita di football al cardiopalmo, lottando senza risparmiare energie fino all’ultimo secondo», raccolta con una battuta il numero uno della società che assicura le operazioni con l’estero delle imprese italiane, «anche noi, praticamente ogni giorno, verifichiamo come ci stiamo comportando rispetto alle concorrenti estere».
Domanda. Con quali risultati? Come sta andando?
Risposta. Nei primi quattro mesi dell’anno abbiamo registrato un miglioramento. Poi però c’è stata un po’ di decelerazione, partita a maggio scorso. Un rallentamento legato anche al rialzo dello spread.
D. E Sace cosa sta facendo per invertire di nuovo il trend?
R. L’ostacolo più difficile da superare è la ricerca di finanziamenti bancari vista la ritrosia degli istituti estere a finanziare. La Cdp ha in parte sopperito a questa mancanza finanziando operazioni che noi abbiamo garantito.
D. Sinergia destinata a crescere dopo il passaggio di Sace dal ministero del Tesoro alla Cdp?
R. Credo che il Mef, studiando l’operazione, abbia tenuto bene a mente le difficoltà di accesso al credito delle imprese italiane. In Germania, per aiutare le aziende, hanno creato un istituto, l’Ipex, che allo stesso tempo finanzia e garantisce i crediti. L’operazione Cdp-Sace può essere quindi la risposta italiana al problema. Intanto Sace, per sostenere le imprese, ha lanciato il piano Pini non stop per mettere in un unico pacchetto tutti i prodotti che possono essere utili a una piccola e inedia azienda. Dallo sconto delle fatture al factoring, a una cauzione per partecipare a una gara internazionale, a un credito all’export. Finora Sace è stata considerata una società per i grandi gruppi, poco accessibile alle aziende più piccole. Vogliamo dare un nuovo volto al gruppo avvicinandoci ancora di più alle pini. Stiamo incontrando le associazioni di categoria, dalla moda, all’ arredamento, all’alimentare, per individuare insieme i servizi più utili per le aziende. Sono molti i settori dell’eccellenza italiana che potrebbero spingere il Paese fuori dalla crisi. Oltre alla meccanica strumentale penso appunto al design, all’arredamento e alla moda e credo molto nell’agroalimentare. In questo settore Sace ha raggiunto un’esposizione di 2 miliardi, a cui si aggiungono le numerose operazioni concluse con aziende che producono macchinari per il settore. Sono convinto che l’Italia, in questo mercato, possa primeggiare.
D. Di quali investimenti parla?
R. L’ultima operazione da 3,2 milioni che abbiamo finanziato è stata la crescita delle gelaterie torinesi Grom, tra le più affermate nella produzione artigianale che ha già aperto con successo sedi a New York, Osaka e Malibu. Ma abbiamo garantito finanziamenti da 9 milioni a La Doria, la più grande azienda del Sud Italia specializzata nella produzione per conto terzi di derivati del pomodoro, frutta e legumi in scatola. Oltre al gruppo Rummo di Benevento, che produce pasta (5 milioni, ndr), o a Illy Caffè, con una garanzia su un finanziamento da 7,3 milioni per consolidare la presenza in Brasile, Cina e Europa.
D. Perché tanto interesse per l’alimentare? Meglio i gelati del petrolio o delle automobili?
R. Ho cominciato a guardare con più attenzione all’ alimentare due o tre anni fa, quando un mio amico, direttore finanziario di una grande multinazionale, iniziò a raccontarmi di come stiano cambiando le abitudini delle popolazioni di Paesi emergenti come India o Cina. Le donne, allineandosi alle abitudini di Paesi più sviluppati, hanno cominciato a cucinare meno e ad acquistare più volentieri cibi confezionati. Finora la crescita registrata nell’export di aziende alimentari europee o americane ha confermato questo trend. Siamo solo all’inizio e penso che le aziende italiane possano essere protagoniste di questa crescita. Penso a casi come Eataly, che sta continuando ad aprire nuovi sedi all’estero, o anche alla Cremonini, che ho conosciuto più da vicino lo scorso luglio, durante la missione italiana in Russia.
D. Come stanno andando invece i conti di Sace?
R. Il 20 settembre porteremo la semestrale al cda. Siamo in linea con il piano industriale, nonostante la crescita inevitabile dei sinistri.