Produttore leader, ma con scarsi profitti sui mercati esteri. L’Italia è il secondo paese mondiale nella coltivazione di kiwi, dopo la Cina, con una produzione media di oltre 400mila tonnellate l’anno, di cui quasi il 70% è destinata all’export. Un’eccellenza della frutticoltura nazionale, con un valore all’origine stimato tra i 400 e i 500 milioni di euro, apprezzato dai consumatori esteri per gli elevati standard organolettici e di qualità. L’elevata frammentazione produttiva, la scarsa concentrazione dell’offerta destinata al di fuori dei confini nazionali, oltre alla forte concorrenza di altri paesi, in particolare nei promettenti mercati d’Oltreoceano, di fatto costringe però l’Italia quasi alla «svendita».
Quest’anno il raccolto è crollato del 25%: a poco più di 352mila tonnellate, in base ai dati elaborati dal Centro servizi ortofrutticoli (Cso) di Ferrara. Una débâcle riconducibile soprattutto alla diffusione di «Pseudomonas», un batterio che sta colpendo le piante di kiwi in tutto il mondo. Ma il prodotto italiano in commercio troppo spesso finisce indistinto sui mercati internazionali, senza valore aggiunto e a prezzi stracciati. «Il kiwi italiano – spiega Alessandro Fornari, presidente di Kiwifruit of Italy, società consortile export-oriented sui mercati esteri è penalizzato da una scarsa organizzazione dell’offerta, dalla mancanza di adeguate politiche commerciali e di strategie come Paese che aiutino a sostenere il peso della concorrenza».
Fonte: Il Sole 24 Ore