Il Venerdì di Repubblica
Ha ammaliato anche i Sting la storia antica del maiale dal mantello nero con la fascia bianca. Al Palagio, la sua tenuta settecentesca sulle colline di Figline Valdarno, nel Chianti, la popstar inglese produce vino, diversi tipi dl miele, olio extravergine d’oliva. E possiede anche un piccolo allevamento di suini di Cinta senese, da cui ricava pregiati salumi, Toscano adottivo, l’ex Police è uno dei cento produttori della Regione riuniti nel consorzio di tutela, che nel 2012 ha ottenuto dall’Unione europea il marchio Dop perla carne fresca: arista, rosticciana, fegatelli e gli altri tagli proposti sui banchi delle macellerie storiche come Sergio Falaschi a San Miniato, a metà strada tra Firenze e Pisa. Oppure i salumi tipici dell’Antica Macelleria Falorni, a Greve in Chianti: la coppa di cinta, prodotta dalle parti più ricche di venature del lombo, il rigatino steso, ovvero la pancetta con sottile strato di grasso e rigature magre, e il filetto di cinta, ritagliato a mano e stagionato per due mesi in assi di ginepro.
È una delle poche razze autoctone italiane e negli ultimi tempi si è fatta strada nelle osterie e sulle tavole del ‘alta ristorazione, in Italia e all’estero. «È una produzione ancora di nicchia, tra cinque e i seimila maiali all’anno» dice il presidente del consorzio, Andrea Pannocchieschi d’Elci, «In molti però hanno già imparato ad apprezzarla. Secondo un sondaggio di qualche tempo fa un consumatore su tre conosce la Cinta senese, sia la razza che i prodotti che se ne ricavano. Tra gli stranieri i più golosi sono i giapponesi, gli americani e gli inglesi».
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