La Stampa
L’Europarlamento rivuole il regolamento sul «made in». Salvo colpi di scena poco probabili, domani l’assemblea voterà una risoluzione per chiedere il ripristino della norma che mirava ad imporre l’indicazione geografica su alcuni prodotti importati dai paesi extracomunitari. E’ una decisione non vincolante che, comunque, rappresenta uno schiaffo alla Commissione Ue che l’ha eliminata dal suo programma di azione per il 2013. «C’è ampio consenso fra le forze politiche dice Giancarlo Susta (lista Monti), uno dei promotori dell’iniziativa -. Mi aspetto avanzi senza difficoltà». La Commissione Ue ha messo la pietra tombale sulla proposta di regolamento n. 611 del 2005 in ottobre, vanificando sette anni spesi dai paesi Ue, Italia in testa – per tutelare la produzione europea da una concorrenza anche sleale, soprattutto per settori quali tessile, calzature, ceramica, pelle, mobili, gioielli, rubinetteria. Il presidente Barroso e i suoi, soprattutto il responsabile del Commercio Karel De Gucht, hanno considerato il provvedimento obsoleto e non compatibile con la disciplina degli scambi in caso del Wto. L’indifferenza dei paesi nordici e dei superliberisti ha completato un quadro che rappresenta parecchi miliardi di euro in affari a rischio.