La Stampa
C’è un vino che si beve lo spread e vola sui mercati, incurante di crisi e recessione. E’ l’Amarone della Valpollicella DOCG, un fenomeno che dalla Valpolicella ha conquistato soprattutto l’estero l’80% della produzione è destinata a Nord Europa, Germania, Svizzera, Stati Uniti e Canada – e che ieri a Verona (presente il ministro alle Politiche agricole, Mario Catania) è stato analizzato durante l’anteprima della nuova annata 2009, pronta per le tavole dopo tre anni di invecchiamento. Anche gli enoappassionati oggi potranno scoprire ogni sfaccettatura di questo originale rosso, grazie a una degustazione nel Palazzo della Gran Guardia con 55 produttori. Il giro d’affari dell’Amarone è di circa 350 milioni di euro, generato da 560 aziende, e il valore fondiario del terreno a vigneto Valpolicella ha raggiunto i 500mila euro a ettaro. Tuttavia, il raddoppio della produzione in meno di cinque anni ha causato un sensibile calo del prezzo medio di vendita. Per porre un freno all’espansione, dall’agosto 2010 il Consorzio ha imposto il blocco vigneti fino al 2016. E dal 2009, ogni anno applica la riduzione dal 65 al 50% ad ettaro della cernita delle uve. «La sfida è proprio quella di mantenere alta la qualità del prodotto con questi numeri» dice Marco Speri, che ha scelto una propria «via enologica» dopo essersi fatto le ossa nella storica azienda di famiglia.