La Repubblica
Alcuni cuochi ci hanno creduto, ancora ci credono e continuano un coerente percorso di ricerca, di sperimentazione, di provocazione. Altri, più o meno in buona fede, dopo aver cavalcato la moda, sono ora disorientati, spiazzati: una certa avanguardia fondata sulla “chimica”, sull’azoto, sul gastrovac, ma anche più semplicemente su piatti costruiti con dieci ingredienti meglio se esotici e/o stravaganti, perde terreno, non incanta più. O incanta soltanto quella pattuglia di critici a- critici pronti da anni a esaltare chi mette in tavola gadget stupefacenti anziché piatti buoni da gustare. La crisi dell’economia, e la conseguente riduzione dei budget destinati dalle famiglie al ristorante, certo stanno aiutando a far pulizia e giustizia di ristoratori improvvisati e di cuochi d’artificio. Cucinare e servire trippa, pasta e fagioli, spaghetti al pomodoro o tajarin costa al ristoratore meno che ricercare e manipolare cappesante, astici, spigole pescate all’amo.