Corriere della Sera
L’ olio ricavato dalle olive sta attraversando un momento di massimo splendore. L’euforia è alle stelle. Tutto sembra andare per il verso giusto, c’è ottimismo. I consumi non deludono le aspettative, si estendono verso nuovi confini, includendo Paesi lontani dal Mediterraneo, là dove fino a qualche anno fa nemmeno si conosceva il frutto da cui l’olio si estrae. Parlare di euforia appare però imprudente. Guardando con attenzione quanto accade in Italia si resta ammutoliti. I consumi sono stabili e promettenti, il salto qualitativo della materia prima notevole, ma nessuno ci guadagna. È uri prodotto con il quale si lavora quasi in perdita. Paradossalmente, in un periodo storico in cui si sono raggiunti i massimi vertici sul fronte della qualità – sia sensoriale, sia nutrizionale – i prezzi degli extra vergini sullo scaffale pagano le conseguenze delle continue promozioni e offerte sottocosto. Ci perdono tutti: gli olivicoltori e i frantoiani in particolare, giacché costituiscono la parte più debole della filiera. Ma non se la passano bene nemmeno le aziende di marca, in realtà.