Ufficio Stampa Grana Padano DOP
“Una confusione in forte e costante crescita che penalizza in maniera pesante il made in Italy e le aziende che operano nel settore produttivo senza che le istituzioni intervengano in maniera chiara e definitiva”. Parte da questa considerazione Stefano Berni, direttore del Consorzio Grana Padano DOP, per anticipare il quadro che emerge da una ricerca affidata al team del professor Rubin dell’Università Piemonte Orientale, che verrà illustrata tra un mese nella rasssegna milanese ‘Tuttofood’, in materia di confondibilità e indistinzione dei prodotti similari. “Purtroppo – prosegue il direttore del Consorzio Grana Padano, il prodotto DOP più consumato del mondo, prendendo spunto dalle prime indicazioni dello studio – il grido d’allarme che da tempo poniamo all’attenzione della politica nazionale ed europea è ancor più grave di quello che pensavamo. Il consumatore che si reca in un punto vendita trova prodotti DOP, come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, mescolati a similari di ignota provenienza e la mancanza di adeguate normative non lo mettono in condizione di poter scegliere in modo consapevole”. Una situazione che stride con i circa 14.000 interventi di vigilanza e controlli (per un investimento di oltre 8 milioni di euro) che il Consorzio Grana Padano effettua ogni anno per garantire l’eccellenza delle oltre 4 milioni e 700 mila forme prodotte nel 2012 con un incremento dell’export del 7,5%. “I similari, che provengono dai Paesi dell’Est, dove le materie prime e la manodopera costano molto meno che in Italia – conclude Stefano Berni – si presentano in tutto e per tutto come prodotti di casa nostra. La mancanza in etichetta della provenienza, la dicitura IT del bollo CE italiano che obbligatoriamente indica il luogo di confezionamento, e i tanti nomi di fantasia italiani anche attraverso l’utilizzo della scritta ‘Gran’ confondono irrimediabilmente l’ignaro consumatore. E ovviamente arrecano danni per decine di milioni di euro a tutto il sistema produttivo agroalimentare”.