Giornale di Genova
Rimestare nel torbido può essere considerata un’attività lodevole? Sì, se si parla di olio. Che, per essere considerato autentica spremuta di olive, non deve lasciar passare luce in mezzo. Torbido, appunto. È un passaporto perlabontà, un’assicurazione sul gusto: lo afferma un gruppo di esperti e piccoli produttori dell’Imperiese guidati dal decano del settore Sergio Calcagno (è stato per anni il deus ex machina della storica azienda Ardoino), che stanno conducendo una battaglia di principio. «C’è un modo semplice per proteggere l’olio d’oliva della nostra zona: farlo bene». Vale a dire utilizzando solo olive taggiasche, spremendole con modalità meccaniche e ottenendo dalla loro spremitura un prodotto con acidità minore o uguale allo 0,8 per cento: lo standard che definisce l’olio extravergine. Un’operazione tanto semplice a descriversi quanto difficile ad eseguirsi. Perché la qualità costa, e secondo i produttori più ortodossi non è abbastanza tutelata, almeno qui in Italia. «I francesi – è sempre il battagliero Calcagno a parlare – quando sentono parlare dell’oliva di Nyons, una varietà del sudest, si commuovono e infatti sono disposti a pagare 30 euro per un litro di relativo olio». L’affermazione è facilmente verificabile varcando il confine e dando uno sguardo agli scaffali di un qualsiasi supermercato francese.