A fine mese cade il lungo embargo verso i diversi prodotti nostrani. Soddisfatti gli operatori.
Se per anni il film di Mario Monicelli “La Mortadella”, con Gigi Proietti e Sophia Loren, è stato considerata l’archetipo per castigare usi e costumi della società statunitense, soprattutto sottolineando le difficoltà riscontrate nella commercializzazione dei nostri prodotti America – la protagonista resta infatti bloccata all’aeroporto di New York proprio per colpa di una mortadella che non può passare alla dogana – da fine maggio non sarà più così. Finalmente, gli Stati Uniti apriranno di nuovo le frontiere ai nostri prodotti della salumeria a breve stagionatura provenienti da Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
Ci sono voluti ben 15 anni perché venisse rilevata l’indennità di queste aree dalla temuta MVS, la malattia vescicolare del suino che era stata segnalata in Italia, ma mai in queste regioni. La Mortadella non era fra i salumi “embargati”, insieme ai prosciutti stagionati, né era già possibile l’esportazione, ma il divieto colpiva un vasto comparto rappresentato dai prodotti di salumeria italiana a breve stagionatura e soprattutto eccellenze del “Made in Italy” come lo Speck Alto Adige IGP, il Culatello DOP, i Salumi Piacentini DOP, il Salame di Felino DOP, il Salame di Cremona IGP, la Coppa di Parma IGP, solo per citarne alcuni. Un danno economico per mancate esportazioni stimato da ASSICA (l’Associazione Industriali delle Carni e dei salumi) che sfiora i 4 miliardi.
“E’ caduto l’embargo e ce ne rallegriamo, ma adesso attenzione, il gioco è nelle nostre mani, dobbiamo organizzarci e fare massa critica per affrontare questa nuova sfida” afferma l’assessore all’agricoltura dell’Emilia Romagna Tiberio Rabboni, una delle regioni maggiormente interessate alla produzione di salumi di media stagionatura. “E’ un successo epocale – commenta inoltre l’assessore Rabboni – che arriva dopo una lunga battaglia condotta a livello parlamentare e finalmente fa giustizia agli sforzi che abbiamo condotto fin qui. E’ di fondamentale importanza – chiosa l’assessore regionale – che, a livello internazionale, si sia capito che le questioni territoriali vanno affrontate singolarmente. Il fatto che la zootecnia del nord, con la sua filiera agroalimentare, non venga omologata alle altre, rappresenta per noi il primo passo per il riconoscimento delle specificità territoriali, e ci spinge a dire che le regioni del Nord devono continuare a rappresentare da sole le proprie istanze a livello europeo. Se il mercato non sarà già saturo per la presenza di prodotti similari o contraffatti dobbiamo muoverci subito e cercare nuovi accordi, farci vedere con le nostre DOP unite e proporci con un marchio unico, che raccolga l’intero territorio per vendere il prodotto “Emilia Romagna” agli americani. L’apertura delle frontiere commerciali oltre a dare nuovi stimoli – continua Rabboni – fa cadere facili alibi nati dopo il blocco alle esportazioni verso gli Stati Uniti, che avevano permesso a molte industrie, anche con soldi pubblici, purtroppo, di delocalizzare e aprire stabilimenti di produzione all’estero. Un’escamotage che è piaciuta a molti e che poteva avere un senso con il precedente stato delle esportazioni, ma adesso che i mercati sono di nuovo aperti, rischia solo di penalizzare la produzione interna. Ora che non c’è più l’embargo dovranno essere presi dei seri provvedimenti”.
Grande soddisfazione ha espresso anche Nicola Levoni, Presidente di ISIT – Istituto Salumi Italiani Tutelati – per questo importante traguardo. “Abbiamo atteso a lungo questa decisione da parte delle autorità statunitensi – dichiara Levoni – e ringrazio ASSICA per l’importante lavoro svolto per togliere questo blocco che durava ormai dalla fine degli anni 60’. Questa apertura avrà risvolti assolutamente positivi anche per i nostri salumi DOP e IGP, già a partire dal 28 maggio”
Questo è solo un primo passo. Restano ancora da risolvere il problema dei marchi simbolo di alcuni prodotti italiani in Canada ed in altri Paesi, dove vengono venduti salumi locali utilizzando la denominazione San Daniele e dove non può essere esportato il Prosciutto di Parma DOP perché il marchio è stato registrato da un’ azienda privata locale.E’ facile intuire che se diamo priorità a questi interventi, il tutto si potrà tradurre in aumento di fatturati e nuova occupazione per le imprese italiane. Questo potrebbe essere un impegno tanto importante quanto urgente per la neo Ministra Nunzia De Girolamo.