La Repubblica Palermo
Sono i pesci tarocchi, serviti sulle nostre tavole come freschi e siciliani ma che di fresco e siciliano non hanno nulla. Falsi d’autore, come laverdesca, venduta come trancio di pesce spada di qualità. Il “pesce ghiaccio” che sostituisce il “bianchetto”. O il pesce serra spacciato per spigola. E ancora il baccalà, venduto come filetto dibrosme e la diffusissima perca del Nilo, che tagliata a pezzi, somiglia molto alla cernia nostrana. Coldiretti continua a denunciarlo: «Due terzi del pesce servito sulle nostre tavole è finto, taroccato». Lo conferma Giovanni Basciano, presidente dell’AgciAgrital, organizzazione che riunisce diverse cooperative di pescatori siciliani. «Sono falsi, ma molto simili agli originali – dice Basciano – Difficili da distinguere, soprattutto se non si ha una certa competenza nel settore. E i consumatori purtroppo non sanno distinguere un gambero rosso di Mazara da uno del Mozambico o un trancio di pesce spada da un filetto di verdesca». E aggiunge: «Sono pesci che se fossero venduti come tali, non avrebbero alcun valore nel nostro mercato. Le pescherie li spacciano per “originali” e lo stesso fanno i ristoranti: i profitti sono da capogiro». E mentre a Palermo cresce l’allarme istamina dopo i sequestri di tonno rosso effettuati dalle forze dell’ordine nei mercati della città, cresce in Sicilia l’importazione del pesce straniero che non fa male solo all’economia.
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