Gli Usa hanno rinunciato a egemonizzare le agricolture degli altri. C’e spazio per un’intesa.
In questi anni si è molto parlato di come il mainstream americano abbia condizionato o, meglio, trasformato le culture di tutti i Paesi del mondo attraverso la propria industria dell’intrattenimento fatta di fiction, telefilm e format televisivi di musica, cucina ecc.
Il paragone con i grandi parchi divertimento Disney disseminati ovunque viene quasi naturale. Più concretamente, oltre al continuo brainwashing operato dai mass-media statunitensi, ultimamente, grazie a Wikileaks, si è evidenziato che la politica egemone dell’America non si realizzava solo con i modelli culturali, ma anche con quelli alimentari ed agricoli soprattutto su temi come Ogm e sementi. A testimonianza di tutto questo, l’ultimo rapporto della Food & Water Watch, organizzazione americana no-profit dei consumatori, che ha analizzato 926 cables appartenenti al quinquennio 2005-2009 arrivati al Dipartimento di Stato dalle proprie sedi diplomatiche di più di 100 Paesi, che dimostra la continua e forte pressione esercitata dalla diplomazia statunitense per l’introduzione nell’agricoltura internazionale i prodotti e le colture Ogm. E evidente il forte legame tra governo federale statunitense e alcune multinazionali biotech, traducibile in una vera e propria azione di lobbying che la cosiddetta «diplomazia della scienza» stava esercitando per conto della Monsanto, Bayer, DuPont e Syngenta in Paesi target dell’Africa e dell’America Latina, così come in quelli emergenti dell’Eurozona (Romania e Bulgaria), ma anche in quelli da sempre opposti alle colture Ogm come l’Italia.
A tale riguardo proprio al nostro Paese vengono indirizzati i cables più scottanti; si legge che la politica dell’allora ministro delle politiche agricole Alemanno, molto contraria alla produzione di coltivazioni biotech in Italia, era un grosso problema per gli Stati Uniti. Se il decreto che lo stesso ministro stava per portare in Consiglio fosse stato approvato, sarebbe stato danneggiato l’export americano delle sementi geneticamente modificate. L’ambasciatore statunitense di allora fu allertato a intervenire per bloccare la proposta. Le fonti citano di colloqui continui dello stesso ambasciatore col ministro degli Esteri Frattini, il sottosegretario Gianni Letta e il premier Berlusconi. Alla fine il decreto legge di Alemanno fu stoppato.
Oggi quella politica egemone degli Usa sembra un ricordo. Sarà forse per la paura di rimanere isolata contro le potenze emergenti come Cina, India, Brasile; sarà forse anche per l’avvento di Obama e dei democratici al governo e della crisi economica che quella vecchia «mania» del volere imporre tutto a tutti, sembra passata. Ora più che «dettare legge» gli Stati Uniti cercano il dialogo. Proprio in questi mesi c’è stata un forte accelerazione per la negoziazione fra Europa e Usa sugli accordi di libero scambio; mercoledì scorso la posizione dell’Ue nei delicati rapporti commerciali con gli Usa è stata all’ordine del giorno del Parlamento europeo. Durante la seduta si è cercato di gettare le fondamenta di una linea politica di coesione per la creazione del patto di libero scambio commerciale con gli Usa, conosciuto come il Transatlantic Trade & Investment Partnership (Trip). Il progetto definitivo delle direttive negoziali dovrebbe approdare al Consiglio Affari Esteri-Commercio del 14 giugno. All’interno di questo documento l’agricoltura risulta essere il punto centrale e forse anche quello più sensibile.
Nonostante le sue grandi potenziali economiche, il Trip si è di già imbattuto nell’opposizione di diversi stakeholder a livello globale, i quali, tra i vari «nei» che potrebbero ostacolare il raggiungimento di un accordo citano «un’evidente deviazione dalle iniziative intraprese dalla Wto nel tentativo di rilanciare il Doha Round dei negoziati per quanto riguarda il commercio» e «la storica contesa Ue-Usa sulle politiche di scambio commerciale concernenti l’agricoltura e la Proprietà Intellettuale». Ma i negoziatori delle due parti sembrano abbastanza propositivi al riguardo, dettando precise disposizioni su come vogliano evitare future infiltrazioni durante gli incontri sugli accordi commerciali bilaterali. Per l’Ue l’accordo interno raggiunto mercoledì è stato un risultato più che positivo; per gli Usa, le decisioni prese provvederanno a dare una visione più chiara ai funzionari statunitensi sulle priorità dell’Ue per quanto riguarda la politica sugli scambi commerciali tra le due potenze.
20130531_Foodpolitics.pdf