Il Sole 24 Ore
Un nuovo modello di sviluppo per l’agroalimentare made in Italy. E’ la richiesta lanciata, ieri al governo all’assemblea della Coldiretti, dal presidente dell’organizzazione, Sergio Marini. L’agroalimentare viaggia su due binari paralleli. Da un lato i successi su lfronte dell’export che vola verso un récord storico di 34 miliardi di fatturato, a conferma del crescente appeal delle produzioni italiane. Dall’altro la perdita dei colori nazionali per molti marchi storici. Uno shopping che vale 10 miliardi. L’agricoltura, unico settore che ha messo in campo segni positivi per occupazione (+9% di giovani assunti nel 2013) e pil rivendica dunque un nuovo progetto che faccia leva sul territorio e la distintività e freni così la perdita del patrimonio di imprese che hanno fatto la storia del cibo italiano.
L’ultima operazione che ha interessato la pasticceria Cova di Milano segue una lunga lista di «dismissioni». Da Riso Scotti a Parmalat fino a Buitoni e Peroni, lo scaffale sta perdendo tante griffe blasonate. Un fenomeno inziato alla fine degli anni Ottanta e che si è intensificato in questi ultimi anni. Ma la Coldiretti non ci sta. «I grandi gruppi nazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica-ha dichiarato il presidente dell’orgariizzazione Sergio Marini – investono invece nell’agroalimentare, perché nonostante il crollo dei consumi interni, con una spesa alimentare tornata indietro di 20 anni (117 miliardi) fa segnare il record dell’export grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, tipicità e qualità».