Il Tempo
Dal filetto di baccalà al trapizzino alla vaccinara fino all’esotico kebab. Il cibo di strada fu inventato dagli antichi romani che banchettavano ai Fori. Si racconta che ogni città abbia un’odore che la rende unica e riconoscibile. Neanche Roma sfugge a questa consuetudine così ai profumi delle Ville e dei parchi si aggiungono quelli del cibo. Quello di strada, oggi omologato come street food. Un contenitore dentro il quale c’è un po’ di tutto e che quindi può confondere il consumatore che mette sullo stesso piano dello street food la pizza rotonda nel cartone a portar via e un cartoccio da passeggio con fritti di baccalà.
Ma anche olive ascolane, supplì al telefono, arancine, anelli di cipolla. «Roma è forse la location più adatta per lo streetfood – spiega Mauro Rosati, protagonista del format su Italia 1 Street Food Heroes e direttore generale della Fondazione Qualivita -. Intanto perché è una città splendida, con un clima fantastico, due elementi basilari per un mangiare di strada appagante. E poi perché per cultura e tradizione può mettere in campo una serie di proposte street davvero interessanti.