Direzione EXPO – 476 giorni. Da oggi, Food Politics dedichera’ una serie di riflessioni per analizzare e mettere in evidenza le esperienze sostenibili dell’agricoltura italiana che prenderanno il nome Direzioni EXPO. La prima esperienza che merita di essere raccontata è quella del Bio-Distretto vitivinicolo del Chianti il primo al mondo a coprire un’area di circa 600 ettari.
E non solo per questo ma anche perché rappresenta un’ approccio nuovo al biologico ed alla sostenibilità dove il protagonista non è solo l’azienda ma tutte le componenti territoriali chiamate in causa. Il distretto, situato a Panzano, nel comune di Greve in Chanti, rappresenta un’eccellenza tutta italiana. Per comprendere che cosa sia un Bio-Distretto ci viene incontro la definizione data dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB) che lo definisce come un’area geografica naturalmente vocata al Biologico dove agricoltori, cittadini, associazioni ed enti locali stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, a partire dal modello BIO di tutte le fasi di produzione.
A Panzano sono riusciti nell’impresa, realizzando, a partire dal 2005, la stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile, con il coinvolgimento di tutte le aziende della zona, dell’Amministrazione Comunale e dei cittadini. Come testimonia Ruggero Mazzilli – esperto di Biologico e titolare della stazione sperimentale – l’elemento strategico del Bio-Distretto è proprio il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. Perché, in una zona naturalmente vocata, più larga è la superficie di applicazione dei metodi Biologici, migliore è il risultato in termini di qualità. “Le uve migliori – sostiene Mazzilli – si fanno dove non vengono effettuati troppi interventi sul territorio, preservando la biodiversità e permettendo il raggiungimento dell’equilibrio ambientale. Con il coinvolgimento di tutte le aziende dell’area, il punto di partenza, garantito dal Regolamento Ue sull’agricoltura Bio, è stato messo a sistema”. In buona sostanza il Bio-Distretto è riuscito a creare un circolo virtuoso in grado di creare vantaggi per una larga parte della comunità che ha potuto godere di effetti positivi su più piani, dalla tutela della salute e dell’ambiente fino al miglioramento delle performance economiche.
Un successo che non è passato inosservato tanto da coinvolgere altri comuni nella zona. Infatti, aggiunge Mazzilli, “sono in fase di costituzione sia il Bio-Distretto di San Gimignano ed sia quello di Gaiole in Chianti”. A dare un’idea del valore di questo progetto c’è anche la testimonianza del Consorzio di Tutela del Chianti Classico DOP. Nel Bio-Distretto del Chianti viene prodotto il 10% del Chianti Classico e i risultati ottenuti sono positivi sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Da una parte si tutela la biodiversità dall’altra si risponde ad una esigenza dei mercati, per esempio USA e UK, che si sono dimostrati sensibili al BIO e hanno fornito buone risposte in termini economici. Ma questo è solo un’ aspetto della riflessione che il Consorzio di Tutela sta affrontando. Insieme agli enti di certificazione Valoritalia e CSQA il Consorzio ha realizzato un protocollo di produzione viticola che associa alle tecniche di produzione BIO anche la valutazione della biodiversità nelle aziende agricole.
Le aziende sono state sottoposte a verifica ispettiva attraverso l’applicazione dello standard Biodiversity Friend della Word Biodiversity Association e i risultati sono estremamente positivi. “Biodiversity Friend” – dichiara Gianfranco Caoduro presidente della Associazione – è il primo standard che permette di valutare la conservazione della biodiversità nell’agrosistema; biodiversità intesa come qualità della vita nell’acqua, nell’aria e nel suolo” . La biodiversità rappresenta quindi la misura diretta dell’efficacia delle tecniche di produzione biologica. Il protocollo è pensato per tutta la zona del Chianti e potrà rappresentare al contempo una guida per chi vuole ottenere la certificazione BIO e la certificazione Biodiversity Friend, quanto uno strumento di miglioramento delle stesse tecniche BIO. Un esempio questo che può rappresentare un’avanguardia ma soprattutto un modello di riferimento internazionale dove un prodotto – in questo caso l’uva – diventa la matrice di uno sviluppo sostenibile ambientale, economico e sociale.