Se il 2013 è stato l’anno della riscoperta in Italia dell’agricoltura – non solo come eccellenza dal punto di vista alimentare, ma anche come settore sui cui puntare per risollevare l’economia – mi auspico che il 2014 possa essere invece l’anno della riscoperta dei boschi. Non solo per il valore ambientale che essi esprimono, ma anche per il valore sociale ed economico che possono rappresentare per il nostro Paese.
Ma come stanno i boschi italiani, quale è lo stato di salute, come vengono realmente utilizzati? “L’Italia – ci dice Antonio Brunori, esperto di gestione forestale – ha la quinta superficie forestale d’europa (10.800.000 ettari), ma è penultima per tasso di utilizzazione dei boschi, il che significa che abbiamo una copertura di circa un terzo del territorio nazionale ma tagliamo il 20% della crescita annuale. Questo paramentro sancisce, in diverse aree, un sostanziale abbandono del bosco con tutti i problemi di sostenibilità ambientale, economica e sociale che ne conseguono”.
In passato c’è stato un vero e proprio abbandono delle foreste e il bosco s’è riappropriato di pascoli, pascoli arborati e campi agricoli. Ne consegue che non tagliando più, l’Italia è costretta a importare dall’estero legno e derivati, che rappresentano la terza voce di deficit nazionale. Al contrario la vendita di legno trasformato è la terza voce di attivo dell’export italiano nel settore manifatturiero. In buona sostanza, abbiamo un “tesoretto”, il bosco italiano, che produce tanto legno, ma importiamo legno da paesi come l’Austria che ha un terzo del nostro bosco, ma taglia fino a sei volte di più.
A questo bisogna aggiungere che, con l’abbandono dei boschi e della montagna, in molte aree, è stata eliminata la manutenzione del territorio, provocando un notevole aumento di danni ambientali, come il dissesto idrogeologico e gli incendi boschivi. Ad aggravare questo costo ambientale, c’è il costo economico: infatti, se l’attività gestionale costa uno, l’attività di emergenza costa dieci, e senza considerare la ricaduta sull’attività occupazionale, diretta e indiretta.
Ma come valorizzare i nostri boschi? Alcune regioni italiane, soprattutto quelle alpine, come il Trentino – Alto Adige, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, lo stanno facendo attraverso il finanziamento di piani di gestione forestale che permettono di avere un piano regolatore delle risorse ambientali e di decidere quando, come e dove tagliare la superficie boschiva. Purtroppo molte amministrazioni, nel passato, hanno messo da parte questa politica, perché si riteneva il settore forestale non redditizio, o di basso livello. “Nei casi di buona gestione, come il Trentino Alto Adige – racconta Brunori – che hanno mantenuto questa attività costante, il bosco è il 2-2,3% del Pil regionale, mentra in Italia è lo 0,005%. Si generano vantaggi diretti e indiretti fondendo sostenibilità economica, sociale e ambientale.
Così facendo si ottiene per il legname anche una certificazione – come la PEFC – che, valore nel valore, permette di avere una spendibilità sul mercato maggiore rispetto ad un prodotto di origine sconosciuta”. Il PEFC è il maggiore schema di certificazione del settore forestale e prevede anche il controllo della filiera di traformazione del legno in prodotti finiti. In Italia è uno degli strumenti che hanno contribuito a creare eccellenze di sostenibilità economica, ambientale e sociale, come quello della provincia Autonoma di Bolzano. In Italia il settore del legno e derivati occupa intorno ai 450.00 addetti, ma ha ben altro potenziale.
In un momento in cui lo sviluppo sostenibile è un faro, l’auspicio è che la classe politica veda come questi modelli di gestione del territorio forestale siano in grado di generare sicurezza ambientale, sociale, ed economica a tutti i livelli. Serve una pianificazione strategica di valorizzazione delle risorse naturali a lungo termine che – unitamente ai sistemi di certificazione – dia garanzia alla società civile che si opera rispettando ambiente e economia. Questa può essere un’altra via per l’Italia di presentarsi all’Expo 2015 con modelli di sviluppo sostenibile in grado di “nutrire il pianeta”.