REPUBBLICA AFFARI FINANZA
Dal pomodoro alle arance siciliane. Dall’uva da tavola pugliese alle mele trentine, fino alle pesche nettarine emiliane. Sono alcune delle nostre numerose produzioni di qualità che fanno parte di una filiera. In esse ritroviamo un fattore che le accomuna: la frammentazione del tessuto produttivo. Con qualche eccezione: ad esempio, il modello cooperativo dei melicoltori del Trentino, quello della Mela della Val di Non DOP, Melinda per intenderci. Che è riuscito, raggruppando oltre 4mila operatori frutticoli suddivisi in 16 cooperative, a concentrare tutta la produzione.
Con il risultato che oggi il brand Melinda è diventato un colosso in grado di dare al consumatore di tutto il mondo la certezza di acquistare una mela prodotta, raccolta e confezionata in tutte le sue fasi in un determinato luogo. Una strategia imprenditoriale che ha permesso al Consorzio di spingersi commercialmente all’estero, conquistando mercati lontani tra i quali Russia, Emirati Arabi, Iran e applicando tecniche di organizzazione, vendita e marketing alla stregua di una multinazionale. «In sostanza, Melinda è la dimostrazione tangibile che il problema non può essere circoscritto sulle dimensioni di un’impresa, ma su come si devono organizzare le produzioni in funzione della richiesta del mercato», sottolinea Roberto Della Casa, docente di marketing all’Università di Bologna.