Corriere Mercantile
C’ è un parassita killer che tiene sotto scacco l’oro verde di Genova e della Liguria. Lo dicono i numeri: la “peronospora” del basilico è arrivata a minacciare più del 30% dei raccolti. Il clima umido di questo 2014 le ha spianato la strada, rilanciando con prepotenza la “presa” della malattia ed allargandone la diffusione. Che oggi è ancora incontrastata, o quasi. L’allarme lanciato dai produttori del ponente cittadino è confermato e ribadito dalla Confederazione italiana dell’Agricoltura: i danni degli ultimi mesi sono arrivati a compromettere un terzo della produzione complessiva. «Ci troviamo di fronte aziende che denunciano questi numeri», ha detto il presidente di Cia Ivano Moscamora
«con un grado di umidità piuttosto alto il fungo ha trovato il massimo della potenzialità di sviluppo». Tradotto: le coltivazioni in serra sono decisamente più a rischio di quelle in campo aperto, ed il proliferare incontrollato del parassita rischia di mettere in ginocchio le aziende locali. Ridurre l’irrigazione, e quindi l’umidità, disinfettare e concimare il terreno, sono abitudini che potrebbero contenere il fenomeno, ma non debellarlo. «Ad oggi ci sono poche soluzioni, i coltivatori insistono per avere interventi specifici – conclude Moscamora -. Studi evidenziano come la propagazione del fungo avvenga attraverso la sua forte persistenza all’intemo del seme: si tratta di un fenomeno nuovo, e difficilmente trattabile ».
La Regione pronta a sostenere la richiesta, inoltrata dai coltivatori liguri al Ministero della Sanità, per l’utilizzo di fitofarmaci capaci di contrastare la diffusione della peronospora. Lo ha detto l’assessore alle politiche agricole Giovanni Barbagallo, che aggiunge: «Il fungo è presente nelle nostre coltivazioni dal 2003, ormai tende a resistere ai farmaci approvati negli anni scorsi. Gli agricoltori – continua – hanno imparato a governare questa malattia, il lavoro fatto negli anni scorsi si è dimostrato un buon argine, ma serve un intervento tempestivo dei Ministeri; il rischio è di compromettere il raccolto di quest’anno e la sopravvivenza stessa di aziende e posti di lavoro».
In Liguria sono un centinaio i coltivatori di basilico: ogni anno producono un valore commerciale di 6 milioni di euro, che lievita a 15 con l’indotto. Ma il problema è dilagante in tutta Italia, tanto che Emilia Romagna, Veneto, Lazio e Campania, insieme alla Liguria e ad altre regioni del Sud, hanno formato una task force per fare pressione sui Ministeri romani. Lo scorso anno, come ricorda il presidente del Cersaa (Centro di sperimentazione e assistenza agricola) di Albenga Giovanni Minuto, il 50% della produzione nazionale è andato perduto. Servono nuove gamme di farmaci, e finanziamenti sulla ricerca. «Abbiamo ottenuto l’autorizzazione per prodotti da pieno campo, che hanno dato risposte confortanti, ora chiediamo quelli per serra – sottolinea Barbagallo -. La procedura non è delle più snelle, il discorso riguarda il Ministero della Sanità così come le case farmaceutiche». Che ancora non hanno mostrato interesse nell’investire in un settore considerato di nicchia.