Nei giorni scorsi presso il Ministero delle politiche agricole si è tenuto il primo Forum della cucina italiana: un interessante incontro tra il ministro Martina e una rappresentanza dei più noti chef stellati italiani. L’idea di fondo era chiara: valorizzare il “grande potenziale inespresso” della cucina italiana dentro e fuori i confini nazionali per costruire “un pezzo vero di futuro per il paese”.
Ma se il concetto funziona, come spesso succede, le difficoltà emergono nel trasformarlo in qualcosa di concreto. Gli chef, infatti, grazie alle loro capacità e al loro impegno, possono essere un’arma importante per il paese, a patto che rinuncino ad una parte dei riflettori per concederla ad un altro grande patrimonio italiano: i prodotti agroalimentari di qualità, come le Indicazioni geografiche.
Se le nostre “stelle” lasciassero un po’ di palcoscenico alle materie prime italiane, diventerebbero senza dubbio uno dei maggiori driver globali di valorizzazione della filiere agroalimentari e dei loro territori. Cosa di per sé anche semplice, perché gran parte delle loro ricette esprime in pieno il concetto di dieta mediterranea, un altro grande simbolo dell’enogastronomia italiana, paradossalmente più utilizzato all’estero che in patria.
In questo senso, l’Expo 2015 offre un’occasione irripetibile per servire il paese. Per usare un’espressione metaforica, non sfruttare questa opportunità sarebbe come avere un’antica e nobile casa stracolma di gioielli inestimabili senza riuscire a trovare la porta per condurli nel mondo, finendo per invecchiare con loro accecati da una sterile bellezza.
Mauro Rosati
Direttore Generale Fondazione Qualivita