Con un accordo si aprirebbero grandi spazi per il Made in Italy di DOP e IGP, ma Washington non ci sta. II paradosso dei «parmesan» e dell’Asiago fatto nel Wisconsin. Il prossimo round di negoziati si terrà questa settimana a New York. I delegati USA e UE si incontreranno per discutere i termini del Trattato transatlantico su commercio e investimenti (Ttip). L’attenzione, da parte dell’agro-alimentare italiano, è altissima. Soprattutto per i produttori di DOP e IGP, perché Washington, per difendere i produttori caseari nazionali rappresentati dalla lobby del Dairy Export Council, non vuole riconoscere il concetto di indicazione geografica a favore di un sistema fondato sui marchi d’impresa e si oppone alla richiesta europea di limitare l’utilizzo del nome generico di formaggi europei con indicazione protetta.
«Negli Stati Uniti per la tutela si aziona il marchio – spiega il segretario generale dell’Aicig (Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche) Pier Maria Saccani – . Quello che chiediamo noi è che venga riconosciuto l’istituto della denominazione di origine. La discussione è attorno a sette prodotti: Asiago, Gorgonzola, Fontina, parmesan, Bologna, romano e grana. Per gli Stati Uniti sono nomi comuni, mentre per noi sono denominazioni geografiche. L’Asiago fatto nel Wisconsin per noi è una contraffazione».
Domani presso l’ambasciata italiana a Washington l’Aicig organizza una conferenza stampa assieme alla OriGln, che riunisce le associazioni europee delle origini protette. Nella partita, l’Italia ha un interesse particolare. Tutte le indicazioni geografiche agroalimentari italiane (vini esclusi) incidono per circa il 38% sul valore economico della produzione a denominazione europea.
Fonte: Corriere della Sera – Corriereconomia