Ci sono luoghi che non si dimenticano, mai. Restano come incantati nei ricordi, forse per quella misteriosa capacità di tessere fili sottili e resistenti fatti di immagini, odori, sapori. Succede con Pantelleria, l’isola più grande della Sicilia, dove tra cale e faraglioni, colate laviche e giardini panteschi, dammusi, asinelli e capperi, si comprende il senso del confine, sospesa com’è tra Africa e Europa. A marcare un’identità già forte vi è certamente lo Zibibbo, varietà di uva coltivata quasi esclusivamente su quest’isola, originaria dell’Egitto e sbarcata lì grazie ai Fenici. Ad aver riacceso i riflettori su di lui non è però il Passito di Pantelleria, seppure continui a esserne l’ambasciatore indiscusso, ma la pratica agricola con cui viene allevato. Lo scorso novembre, infatti, l’Unesco ha proclamato Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità la tipica coltivazione ad alberello delle uve Zibibbo di Pantelleria.
Un riconoscimento altamente significativo che pone definitivamente l’accento sul ruolo fondamentale che l’agricoltura ha avuto nella tutela e nella valorizzazione di alcuni paesaggi italiani. Un voto unanime per sottolineare il valore di quel mondo agricolo che oggi ha difficoltà a sopravvivere. La coltivazione ad alberelli, presente anche in altri territori a rischio siccità oppure particolarmente freddi, trova una serie specifica di pratiche qui a Pantelleria tanto da guadagnarsi la definizione di”alberello pantesco”. Le viti vengono collocate in delle buche di circa 20 cui, il tronco è molto corto, come gli speroni che hanno al massimo due gemme.
Premiato già nel 1900 all’Esposizione di Parigi, questo vino ottenne la Doc nel 1971. Le uve Zibibbo (chiamato anche Moscato di Alessandria) dopo essere state raccolte a mano vengono tenute per diverse settimane in luoghi ben soleggiati e areati, riducendosi fino al 75 %. Il vino Passito di Pantelleria non può essere immesso al consumo prima del I° luglio dell’anno successivo alla vendemmia. Caratteristico il suo colore carico che va dal giallo dorato all’ambra; dolce ed aromatico, il profumo è caratteristico del Moscato, e riporta alla mente sentori di frutta matura e di fichi secchi.
Fonte: I Viaggi del Gusto