Da una parte uno scenario globale inquietante: come sfamare 9 miliardi di persone nel prossimo futuro, dall’altra una perdurante marginalizzazione in Italia dell’agricoltura. I prezzi agricoli hanno perso negli ultimi tre mesi il 4,3% del loro valore e gli allevatori – protagonisti delle proteste europee dei giorni scorsi – stanno ancora peggio: la filiera zootecnica ha accusato una perdita del 6,4% (-7% per i prodotti animali). Questa contraddizione l’ha proposta la Cia, Confederazione italiana agricoltori, in Expo convinta che la risposta alla crisi e all’emergenza alimentare sia una sola: investire in ricerca e innovazione nei campi. Come spiega il direttore generale di Cia Rossana Zambelli: «Oggi imprese e governi devono risolvere questo rebus, come produrre di più e meglio, inquinando di meno, se vogliamo garantire sia la sostenibilità ambientale sia la sostenibilità economica delle imprese agricole». Perché una cosa è sicura: per nutrire il pianeta serve chi lo coltiva.
Ma il rimedio non può essere l’agricoltura massiva che assorbe risorse idriche, che azzera la biodiversità e riduce tutto a commodity. Ed ecco la proposta della Cia che rivendica il ruolo delle organizzazioni agricole come divulgatori presso le aziende dei risultati della ricerca: costruire un sistema integrato pubblico-privato che promuova innovazione in agricoltura e faccia superare all’Italia il fortissimo ritardo che ha accumulato. Nel mondo gli investimenti in ricerca sono ripresi e s’incrementano a tassi del 22% in un quinquennio. A trainare sono soprattutto Cina, India e Brasile che hanno avuto incrementi di produttività sul lungo periodo del 176% il Brasile e del 136% la Cina.
Fonte: Libero