Quindici anni di ricerche per arrivare a produrre i primi 10 vitigni resistenti alle malattie. Quella di Fleurtai, Soreli, Sauvignon Kretos, Sauvignon Nepis, Sauvignon Rytos e di Cabernet Eidos, Cabernet Volos, Merlot Chorus, Merlot Kanthus e Julius, i “figli” dei tradizionali Tocai, Sauvignon, Cabernet, Merlot e Regent, è una «storia di successo» che trasforma l’Università di Udine e l’Istituto di genomica applicata (Iga) in modelli da prendere a esempio dal Ministero delle Politiche agricole. Ieri sono stati presentati i risultati con tanto di degustazione dei vini prodotti dalle viti resistenti alle malattie Pernospora e Oidio, causate da parassiti. Alcuni vini sono più adatti all’invecchiamento, altri con un grado alcolico più o meno elevato, tutti non si discostano dalle caratteristiche dei “genitori”.
Partner del progetto i Vivai cooperativi di Rauscedo, che detengono i diritti esclusivi di moltiplicazione e commercializzazione del prodotto. I primi 10 vitigni resistenti alle malattie prodotti in Italia sono coperti da brevetto europeo e internazionale. Trascritti nel registro nazionale italiano del Ministero delle Politiche agricole, al momento i vitigni innovativi sono coltivati in Friuli Venezia Giulia e in Veneto. Nulla vieta però che anche un Paese europeo decida di importare le barbatelle anche se il loro prezzo è triplicato rispetto a quelle non resistenti alle malattie. Ma nonostante ciò i costi di produzione risulteranno inferiori rispetto alle viti tradizionali perché i 15 trattamenti contro i parassiti a cui sono sottoposte in un anno si ridurranno a due.
Fonte: Messaggero Veneto