Crollo progressivo delle esportazioni italiane di vino sfuso, che negli ultimi 15 anni sono passate dai 10,2 milioni di ettolitri del 1999 ai 4,9 milioni di ettolitri del 2015, per un calo del -52%. La categoria del vino sfuso rappresentava nel 1999 una quota delle esportazioni pari al 53%, mentre oggi copre una fetta inferiore al 20% del vino destinato ai mercati esteri. Segno di un’evoluzione della qualità che si è andata affermando dal vino made in Italy e che ha visto il nostro Paese cedere, senza rimpianti, alla Spagna il primato di Paese esportatore di vino sfuso.
Il quadro che emerge dalle elaborazioni Wine Monitor-Nomisma su dati Istat conferma il processo di valorizzazione della qualità che il vino italiano sta portando avanti negli anni e che emerge incrociando i dati sulle quantità esportate con quelli del fatturato all’estero: infatti negli ultimi 5 anni l’Italia ha destinato all’estero in media 21 milioni di ettolitri (la metà della produzione complessiva), ma il relativo giro di affari è passato dai 4,3 miliardi di euro del 2011 ai 5,4 miliardi di euro stimati per il 2015. Risultati, questi, figli di scelte strategiche precise effettuate dai viticoltori italiani, quali ad esempio la riorganizzazione dell’area Prosecco (che ha cancellato l’IGP per passare completamente sotto la certificazione DOP), o gli importanti sviluppi realizzati dai viticoltori in Puglia e Sicilia, bacini storici del vino sfuso.
Fonte: Il Sole 24 Ore – Agrisole