«Sul Ttip? C’è ancora molto da lavorare» aveva detto martedì scorso il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, rispondendo alle domande dei giornalisti su uno dei capitoli più spinosi – e per questo non ancora seriamente affrontato – della tutela dei prodotti DOP e IGP. Niente di nuovo, vien da dire. Se non una tardiva presa d’atto a voce alta. Il Ttip (Transatlantic treaty of internationalpartnership) in corso di negoziato tra Washington e Bruxelles, ha l’obiettivo di creare, tra le due sponde dell’Atlantico, un’area di libero scambio, conzero dazi e scarse barriere non tariffarie. L’agenda prevede 24 capitoli.
Uno di questi riguarda la partita su come vedere adeguatamente tutelati i prodotti DOP e IGP nella principale piazza estera dell’Italian Sounding, cioè gli USA, su cui si entrerà a gamba tesa apartire del prossimo round di incontri, a febbraio.Non sarà un match amichevole. Perchè gli americani non capiscono le denominazioni di origine, ma tutelano solo i marchi appositamente registrati. Qualunque cosa producano. Per gli europei – soprattutto italiani, francesi e spagnoli – la territorialità espresa dalla denominazione di origine ha un valore aggiunto che deve essere protetto. Prima diNatale, nel corso di un’intervista, il segretario USA all’Agricoltura, Toni Vilsack, era venuto sorprendentemente allo scoperto, sottolineando la preoccupazione per parte americana – che un sì alla difesa delle Igp europee potesse danneggiare alcuni prodotti “a stelle e strisce” che vengono commercializzati con lo stesso nome da decenni ormai (contermini considerati generici) e possano essere esclusi dal mercato».
Si legga “Parmesan” e Asiago cheese del Wisconsin. Insomma, l’Italian Sounding è un business assai fiorente. E un accordo, perparte americana, non dovrà più di tanto metterlo in discussione. Del resto, una ricerca recente, promossa dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, ha rilevato che il 67% dei consumatori negli USA quando mangia il “parmesan” è convinto di trovarsi di fronte a autentico prodotto italiano. Se, da un lato, l’Europa non intende cedere sul riconoscimento di tutti i suoi prodotti DOP e IGP registrati, gli Usa sarebbero propensi a riproporre l’approccio appena siglato nel TPP (l’accordo siglato tra Washington e dieci nazioni di Sudest e Pacifico): ovvero, verificare, caso per caso, quali prodotti hanno diritto o meno a rientrare nel quadro delle IG. Insomma, partita apertissima, su cui l’Italia dovrà essere estremamente vigile.
Fonte: Il Sole 24 Ore