Produzione dimezzata, meno DOP, male in Usa e Giappone: questo alcune delle fragilità dell’Olio made in Italy. Sul fronte export, secondo il XII Rapporto Qualivita, nel 2014 gli oli DOP/IGP hanno avuto trend negativi, in controtendenza rispetto all’andamento generale del settore agroalimentare, con una diminuzione del 10% in valore.Italia olearia, quella dell’industria e degli imbottigliatori, è in crisi, con importanti cali delle vendite. Sul fronte interno il crollo dei consumi, passati dalle 800 mila tonnellate del 2003 alle 600 mila attuali, e su quello estero la disaffezione degli americani per il nostro product of Italy, con un calo dell’export dal 2010. Al contempo l’Italia olivicola, quella degli olivicoltori e dei frantoiani, è alle prese con un’emorragia di addetti.
Dai circa 6 mila frantoiani degli anni 1990 si è passati agli attuali 4 mila. Da una produzione di 500 mila tonnellate dello stesso periodo si è passati alle attuali 300 mila tonnellate. Solo in Toscana, come dichiarato recentemente dall’assessore all’agricoltura, Marco Remaschi, il 27% degli oliveti è in stato di abbandono. La mancanza di competitività del sistema olivicolo-oleario nel suo complesso sta nei numeri. Nel 1993/94, secondo dati del Consiglio oleicolo internazionale, l’Italia esportava circa 125 mila tonnellate di oli d’oliva confezionati verso gli Usa. Nel 2014/15 ne ha esportati 122 mila tonnellate. Nello stesso periodo le importazioni americane sono raddoppiate, a tutto vantaggio di aziende spagnole, tunisine e greche.
Fonte: Italia Oggi