Il mercato globale del vino dipende sempre più dall’andamento di due macroaree geografiche ben precise, l’Asia ed il Nord America, capaci in questi anni di crescere a tal punto da sopperire ai limiti dell’Europa, dove nel 1994 veniva commerciato il 71% di tutto il vino venduto nel mondo, quota scesa drasticamente, fino al 58% nel 2014. E non è una buona notizia, perché se Cina e USA sono il motore della macchina che muove il settore, i bulloni sono nella Vecchia Europa, da dove tutto nasce, sia in termini produttivi che di consumi, a quota 12,6 miliardi di litri nel 2014, con una crescita media di appena lo 0,2% dal 2009. Il problema, come sottolinea l’Iwsr – Iinternational Wine & Spirit Research (www.theiwsr.com), non è di poco conto e, soprattutto, ha alle spalle tante diverse cause, spesso diverse da Paese a Paese.
Ci sono dei fattori che accomunano tutti i Paesi europei, a partire dal cambio dei costumi: il momento della cena a tavola in famiglia, ad esempio, non è più un rituale di convivialità come un tempo, con le nuove generazioni che preferiscono spesso un aperitivo fuori casa, ma raramente a base di vino, superato nelle preferenze da alcolici più “attraenti”. Senza dimenticare il peso della consapevolezza dei consumatori per la propria salute, sostenuta dallo sforzo dei Governi, tra campagne di sensibilizzazione e leggi, come la famigerata Evin, che in Francia ha contribuito non poco al crollo dei consumi. Ma non va meglio, in questo senso, al Portogallo, dove il numero complessivo dei punti vendita in cui viene servito vino (bar, ristoranti) è passato, dagli 80.000 del 2009 ai 65.000 del 2015. Diverso il freno imposto dai Governi di Gran Bretagna ed Irlanda, dove continua a crescere la pressione fiscale: un limite enorme in due dei mercati più vivaci d’Europa.
Fonte: winenews.it