Proprio nella giornata di oggi si riunisce il Consiglio dei Ministri dell’agricoltura europeo con l’obiettivo di prendere una decisione politica sullo stato di crisi dell’agricoltura comunitaria. Dopo aver affrontato la discussa decisione di aprire all’acquisizione di altre 35.000 tonnellate di olio tunisino per limitare l’emergenza economica dello stato nordafricano, il consiglio si troverà di fronte alla concertazione di misure che permettano la sopravvivenza di diverse filiere agricole.
Sono i dati, infatti, a confermare la fase davvero complicata del settore primario europeo così come di quello di alcuni comparti italiani. Nel nostro Paese, secondo Eurostat, già nel 2014 i prezzi agricoli erano calati in media del 4,2% rispetto al 2013. A fine 2015, in base ai dati Ismea, i prezzi all’origine di tutti i prodotti agricoli erano in discesa del 2% rispetto alla fine del 2014. Dati che possono sintetizzare la faccia sofferente del “granaio” europeo, uno dei grandi potenziali del Vecchio Continente che adesso chiede a gran voce misure urgenti e nuove strategie politiche a lungo termine.
Il contesto della situazione di crisi è molto variegato e presenta motivazioni di natura completamente diversa. Gli squilibri di mercato che stanno mettendo a rischio il futuro di larga parte del modello agricolo toccano ormai molti settori: in primis la zootecnia da latte e da carne, ma anche l’ortofrutta, con vere emergenze nelle filiere di pomodori, agrumi e olio.
Per reagire a questa situazione e stabilizzare un mercato in grave scompenso, il commissario europeo all’agricoltura Phil Hogan – per conto della Commissione europea – ha dichiarato di valutare una serie di interventi. Tra questi, due sembrano essere i più probabili: il ricorso alla programmazione produttiva come misura eccezionale per far calare la produzione e l’uso più consistente degli aiuti ‘de minimis’. Si tratta di misure d’urgenza – necessarie sia ben chiaro – che tuttavia non raccontano niente di una politica agricola comune.
La natura della crisi è più complessa e non può essere affrontata senza guardare al futuro. I grandi cambiamenti geo-politici ci impongono di costruire sistemi che guardino al di là della contingenza. Dal punto di vista generale, fenomeni come i flussi migratori, i cambiamenti climatici, l’instabilità dei mercati internazionali e le contese politico-militari incidono fortemente sullo scenario agricolo e alimentare definendo nuove regole per gli scambi commerciali che includono anche situazioni come quella dell’import di olio dalla Tunisia. In questo contesto va ricordato che gran parte dei problemi europei nasce proprio nel disordine nordafricano innescato dalla popolazione a partire dal 2011 per l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. La capacità del Governo europeo, quindi, deve essere quella di trovare politiche coerenti nei nuovi scenari globali che permettano alle diverse agricolture di essere competitive in un contesto molto differente da quello di pochi anni fa.
Stringendo la prospettiva sui temi strettamente agroalimentari, rimangono uno snodo cruciale le trattive per gli accordi commerciali bilaterali che in un verso o nell’altro potrebbero determinare i cambiamenti maggiori. Le relazioni commerciali con la Russia, il CETA, il TTIP sono storie molto lontane della quotidianità dell’agricoltura che potrebbero determinare una rivoluzione, storie su cui l’Unione Europea non può permettersi passi indietro sui cardini dei propri settori di eccellenza come l’agricoltura di qualità.
La risultante di queste problematiche fa emergere con forza la necessità di revisionare gli strumenti con cui l’UE ha cercato di costruire la propria politica comune. PAC e OCM, per come li abbiamo visti fino ad oggi, hanno ormai palesato gravi difetti. Guardando il caso esemplare delle quote-latte e della drammatica crisi in cui è piombato il settore lattiero alla loro conclusione, sembra evidente come questi strumenti di contribuzione non siano serviti a creare uno sviluppo compiuto del comparto, ma ne abbiamo semmai nascosto limiti e contraddizioni giustificandone l’inefficienza a livello di mercato. Quindi, ben vengano le misure straordinarie per fronteggiare le emergenze, ma non ci si fermi qui se si crede ancora nell’agricoltura e in una politica comunitaria più efficiente perché, come sottolinea da sempre Matteo Renzi, senza un nuovo disegno strategico, in particolare su economia e crescita, l’Europa rischia di morire e con essa anche l’agricoltura.
Mauro Rosati
Direttore Generale Fondazione Qualivita