Il ridimensionamento del mercato del Pecorino Romano DOP iniziato nello scorso mese di ottobre con perdite attorno all’1-1,5% mensili, nel 2016 ha assunto un ritmo più intenso. In soli tre mesi il valore del prodotto ha perso il 7,8% tornando ai livelli di 15 mesi prima (ottobre 2014). Tra i motivi della crisi non si può negare l’influenza negativa del mercato del settore maggiore, quello del latte vaccino, che ha origini complesse. Un altro motivo dell’indebolimento del mercato del Pecorino Romano va cercato nel recente rafforzamento dell’euro sul dollaro americano che ha ridotto la domanda per l’export, provocando rallentamenti nei flussi commerciali verso il ricco mercato Usa. Terzo punto debole del mercato, il consumo interno che assorbe il grosso della produzione.
Ma se riguardo alla produzione siamo alle stime soggette a variazioni anche sensibili, non ci sono dubbi sulle dimensioni delle nostre importazioni di Feta DOP (+15,3% rispetto al 2014), Roquefort DOP (+31,2%) e soprattutto di Pecorino e Fiore Sardo DOP, nel 2015 l’import è salito a 2.900 tonnellate, quasi tre volte quello del 2014 (+181%), sei volte quello del 2009 e prossimo al 17% del volume del nostro export. A facilitare e rendere vantaggiosi gli acquisti di pecorini esteri ci sono diversi fattori. Il più importante è la recente installazione e localizzazione di stabilimenti per la produzione, in paesi esteri con caratteristiche produttive analoghe a quelle del nostro a cura di imprenditori anche italiani. Se a questo aggiungiamo che il motivo decisivo degli investimenti da parte degli imprenditori caseari in quei Paesi è il costo di produzione, nettamente inferiore a quello italiano, si comprenderà il motivo del recente boom di acquisti oltre frontiera di pecorini.
Fonte: L’Informatore Agrario