C’è a chi piace più spessa e chi la preferisce sottile. Tutti la vogliono, ma non tutte hanno l’Indicazione geografica protetta. Sono due le forme riconosciute: la Piadina Romagnola IGP e la Piadina Romagnola IGP alla Riminese. Se la prima può arrivare fino a 8 millimetri di spessore per un diametro massimo di 25 centimetri, la seconda è «alta» appena tre millimetri e «larga» anche 30 centimetri. Una questione di forme, ma non di gusto. Infatti il Disciplinare di produzione segnala quali ingredienti utilizzare per chi si candida ad ottenere l’IGP. E sono gli stessi per tutte e due le tipologie. Le materie prime obbligatorie sono: farina di grano tenero, acqua, sale pari o inferiore a 25 grammi. I grassi permessi sono strutto od olio di oliva od olio di oliva extravergine fino a 250 grammi. Non mancano le materie prime opzionali tra cui amido di mais o frumento fino a 20 grammi. Mai e poi mai aggiungere conservanti, aromi e altri additivi.
Secondo il Consorzio Piadina Romagnola ad oggi sono 21 i produttori che hanno superato i controlli e ottenuto l’IGP. Strada che sembra essere percorsa più dalle industrie che dai chioschi romagnoli che sono 5 in elenco, ma che ad oggi stanno crescendo e hanno fatto richiesta di adesione al sistema dei controlli altri 4 chioschi. «È ininfluente la dimensione del produttore – spiegano dal Consorzio Piadina Romagnola – quello che conta sono le materie prime e la procedura di realizzazione del prodotto, che sono le stesse per ogni produttore. Prima di essere autorizzato all’utilizzo della denominazione protetta, il richiedente deve passare il vaglio dell’Ente di Controllo nominato dal Ministero e solo se tutti i controlli sono positivi, viene autorizzato».
Fonte: Corriere imprese