Porte aperte nei caseifici per due giorni per gustare il Pecorino Romano DOP e conoscere i segreti nella preparazione del formaggio ovino: dagli ingredienti utilizzati alla lavorazione sino alla vendita. L’appuntamento è fissato per domani e giovedi 2 giugno. Alla prima edizione dell’iniziativa organizzata dal Consorzio di tutela del Pecorino Romano DOP hanno aderito 15 caseifici distribuiti in tutta l’isola ma anche 26 ristoranti dove si potranno degustare piatti a base del prodotto. A presentare l’iniziativa, nella sala riunioni dell’assessorato regionale dell’Agricoltura, sono stati ieri a Cagliari il presidente del Consorzio di tutela Salvatore Palitta e l’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi. Durante le giornate sono previsti, nei territori interessati dell’iniziativa, eventi collaterali organizzati dai caseifici, dalle Pro loco e dai Comuni.
«Sulle produzioni legate al mondo della pecora – spiega Salvatore Palitta – non abbiamo nulla da invidiare a nessuno e il Pecorino Romano DOP vuole tornare alle origini del gusto perché dobbiamo recuperare un grande handicap nella nostra terra: la scarsa diffusione del prodotto tra i consumatori sardi. L’iniziativa è rivolta alla conoscenza dei processi industriali dei produttori che negli anni hanno saputo arricchire le proprie capacità tecnologiche per la produzione di un formaggio che nel tempo ha aumentato la sua diffusione».
Palitta sottolinea come il Consorzio abbia attivato numerose collaborazioni con player nazionali per sviluppare nuovi canali commerciali. Tra queste cita «la collaborazione con Barilla per la promozione del prodotto con il pesto fatto con il pecorino romano o con Trenitalia che promuove ricette a base di pecorino romano fatte da un produttore sardo, oltre che uno spazio di visibilità a Eataly di NewYorkaggiunge – ma sono tante le importanti imprese nazionali che ci guardano con interesse». Ma per far crescere ancora il prodotto il Consorzio punta anche a «continuare a scommettere sui mercati esteri e collaboreremo con la Regione sul fronte dell’internazionalizzazione».
Fonte: La Nuova Sardegna