Il dato più incoraggiante è l’aumento del +10% dell’export nel primo trimestre 2016. L’industria delle carni e dei salumi rappresentata da Assica (170 associati che rappresentano i due terzi del settore per ricavi e il 90% per export) si è riunita e ha analizzato i dati del 2015 che mostrano timidi segnali positivi per produzione e vendite dopo quattro anni in caduta. Ma da soli non bastano per parlare di ripresa, anzi, il presidente di Assica Nicola Levoni definisce il 2015 “l’anno della crisi e della pressione mediatica, tra l’allarmismo creato dallo Iarc sulle carni cancerogene e gli attacchi di vegani e animalisti, che mettono in discussione l’esistenza stessa della filiera zootecnica, un asset basilare del nostro made in Italy e che hanno gelato la ripresa estiva incidendo anche sui primi mesi del 2016. Al pericoloso sentimento antindustriale si sommano le nubi che offuscano il mercato europeo, dove si concentra l’82% dell’ export di carni e salumi”.
I DATI 2015 DELL’INDUSTRIA – Il fatturato 2015 dell’industria italiana dei salumi ha sfiorato i 7,9 miliardi di euro ( +0,7% sul 2014), trainato dal +7% dell’export (1,35 miliardi, che incide però ancora troppo poco sul giro d’affari complessivo, meno del 18%). In termini di volumi l’incremento è stato del +0,9% (i prezzi sono diminuiti lo scorso anno) con una produzione di 1,175 milioni di tonnellate. Tra le specialità del comparto spicca il sorpasso del prosciutto cotto sul crudo sia per quantità prodotte sia per dinamismo commerciale: 24% le vendite del cotto contro il 0,7 del crudo (assieme i due prodotti valgono oltre la metà del business dei salumi) . In calo mortadella (-1,6% in valore) e wurstel (-11,6%), in recupero ( 2%) lo speck.
PROSPETTIVE PER L’EXPORT – “Lo scenario internazionale lancia segnali di grandissima incertezza e i consumi interni sono fermi” sottolinea il presidente di Assica. “Non possiamo accontentarci di sperare nell’arrivo di turisti affamati della nostra enogastronomia per crescere, dobbiamo fare un grande sforzo corale per fare sistema tra di noi e con i ministeri competenti per promuovere il nostro settore e aprire nuovi mercati, abbattendo barriere tariffarie e non tariffarie (sanitarie in primis)”. II condirettore di Assica, Aldo Radice, spiega che solo eliminando le barriere tariffarie il made in Italy di carni e salumi esporterebbe 250 milioni di euro in più l’anno, a parità di tutte le altre condizioni.
VERSO IL MERCATO CINESE – E Radice confida nella promessa fatta ieri da Giuseppe Ruocco della Dg Igiene e sicurezza alimenti del ministero della Salute: sarà aperto entro fine anno il mercato cinese, dove si potrebbero valorizzare pezzi del suino che in Italia finiscono nel pet food e che in Oriente sono invece pregiati. “La situazione è difficile, confidiamo nelle misure del Governo, soprattutto attraverso accordi bilaterali tra Paesi, vista la complessità a muoversi in modo compatto come Ue”, commenta Lorenzo Beretta, presidente dell’Isit.
Fonte: Il Sole 24 Ore