Con l’elezione di Trump alla Casa Bianca hanno perso i foodies, i farmer market, i contadini del biologico, ha perso la cultura di Michael Pollan e Marion Nestlé, ha perso l’orto di Michelle. Tutto ciò ha rappresentato in questi anni un pezzo rilevante della nuova America fortemente voluta da Obama, quella che ha cercato di combattere l’imbarazzante piaga dell’obesità, vero tallone d’Achille del Paese dal punto di vista sanitario; ha perso anche Eataly New York se ci pensiamo bene, perché il ritorno al protezionismo sbandierato dal neo eletto Presidente in campagna elettorale non promette niente di buono soprattutto per chi vuole vendere prodotti alimentari stranieri nel mercato a stelle e strisce.
Ha vinto invece quell’America di provincia che ha in casa il frigo pieno di calorie, fa la spesa a suon di cola, hamburger e patatine e non pensa che sia male avere qualche decina di chili di troppo. Qualcuno ipotizza anche il ritorno del junk food nelle mense scolastiche, ma questo sembrerebbe un azzardo troppo pericoloso anche per un tipo come Trump. La cosa che invece preoccupa sono gli aspetti ambientali legati alla produzione agricola. Il paventato disconoscimento degli accordi del COP22 da parte della nuova amministrazione “trumpista” significa già molto per chi ha una azienda agricola, considerando che questo è tra i settori che produce più inquinamento nel Paese. Significa soprattutto che non ci saranno limitazioni sia per l’impiego di tecnologie sia per lo sfruttamento delle risorse per la produzione anche delle derrate alimentari necessarie a riempire quel famoso frigo della famiglia americana.
Ma la vera cosa sorprendente spunta da un documento, fino a qualche giorno fa segreto, elaborato da un comitato consultivo del neo presidente in tema agricolo; fra le righe vi si legge che “la nuova amministrazione sosterrà le scelte delle imprese agricole e non quelle che a malapena allevano qualche pollo in casa” oppure che “il nuovo amministratore dell’EPA (l’agenzia nazionale dell’ambiente) dovrà necessariamente tenere conto delle complessità dei problemi agricoli e rurali” infine che “l’agricoltura dovrà essere governata senza essere influenzata da i social media”. Frasi che messe così lasciano presagire come la nuova politica USA favorirà le produzioni super intensive a scapito di un modello di agricoltura più sostenibile, ovvero quello delle fattorie a conduzione familiare.
Con Trump in definitiva muore l’illusione di un futuro più bio, quello che le piccole farm avevano portato fin dentro al cuore delle grandi metropoli americane, animando i mercatini ed elaborando un nuovo concetto di cucina urbana più salutare. Il sogno di Obama per un Paese più sano, iniziato con piano assistenza sanitaria per tutti, finirà anche perché tutto questo sarà emarginato come gli indiani nelle riserve.
Il mondo “più pulito e più buono”, come direbbe Carlo Petrini, è rimandato forse al 2020 quando si potrebbe candidare Michelle.
Mauro Rosati
Direttore Generale Fondazione Qualivita