Sì dell’Europarlamento al CETA, acronimo che sta per “Comprehensive Economic and Trade Agreement”, accordo di libero scambio tra UE e Canada. Abolito il 99% dei dazi, il Pil può crescere di 12 miliardi. Per l’Italia occasione export. Il parlamento europeo ha detto sì. Al più tardi dal primo aprile potrà entrare in vigore al 95%. Restano in sospeso le ratifiche nazionali della parte che riguarda la soluzione delle controversie fra imprese e Stati, di stretta competenza nazionale e uno degli elementi al centro della “rivolta” di settori di opinioni pubbliche, associazioni di consumatori e ambientaliste di mezza Europa, partiti euroscettici ed eurofobici di destra come settori della sinistra europea. Non è stata una passeggiata neppure al Parlamento: 408 sì, 254 no, 33 astenuti. Mentre si votava, 700 manifestanti con cartelli e fischietti avevano “assediato” il “Colosseo” UE di Strasburgo. Neppure qualche mese fa, quando la Vallonia aveva bloccato il via libera dei 28 Stati membri dell’Unione, era stata una passeggiata.
Resta il fatto che, mentre Trump si ritira dall’accordo di libero scambio con i paesi del Pacifico e il Ttip (accordo Ue-Usa) impolvera nel cassetto, il messaggio euro-canadese appare chiaro. Il CETA è unico nel suo genere. Secondo Bruxelles aumenterà il Pil Ue di 12 miliardi. Non è poco. Prevede l’abolizione del 99% dei dazi (valore finale mezzo miliardo) con vantaggi per l’Italia in vari settori: formaggi, prodotti a base di zuccheri o cacao, pasta e biscotti, frutta e verdura, vini e liquori, macchinari industriali, mobili, calzature. Restano fuori dalla liberalizzazione servizi pubblici, audiovisivi, trasporti, prodotti lattiero-caseari, pollame e uova.
“Niente in questo accordo danneggerà la sicurezza delle cose che mangiamo o dei prodotti che acquistiamo, implicherà la privatizzazione dei servizi pubblici”, ha spiegato la commissaria al commercio Cecilia Malmstroem. Questo è il centro dei timori, dei sospetti e dei discorsi spesso apodittici che circondano il Ceta. Gli standard UE su salute e sicurezza alimentare dei cittadini, diritti dei consumatori e ambiente saranno salvaguardati: le importazioni dovranno essere conformi alle norme europee senza alcuna eccezione. Ecco la risposta a chi teme l’invasione di OGM e carne di manzo agli ormoni. Altro grande vantaggio perla UE: il Canada ha aperto le gare d’appalto pubbliche alle imprese europee in misura più ampia rispetto a quanto garantito ad altri partner, non solo quelle a livello federale ma anche quelle a livello provinciale e municipale (che sono il doppio di quelle federali).
Poi le oltre 170 DOP e IGP riconosciute: stop (in teoria) alle contraffazioni, al generico “prosciutto originale”. Prodotti con “nome e cognome”. Certo, il Panna o il Roquefort francese dovranno convivere con i marchi canadesi registrati, però la distinzione sarà chiara. 41 denominazioni sono italiane.
Fonte: Il Messaggero