Cambia il volto del commercio nei centri storici delle nostre città. Chiudono boutique, botteghe artigianali, librerie e giocattolai e aprono al loro posto ristoranti, paninoteche, Street food, negozi di elettronica e qualche farmacia. Mentre sui marciapiedi a fianco a molte saracinesche abbassate si moltiplicano i venditori ambulanti, specialmente al Sud dove si è registrato nel giro di qualche anno un vero e proprio boom. Dal 2008 al 2016 le attività commerciali al dettaglio con sede fissa nel centro storico sono calate del -14,9% (nelle periferie -12,4%), mentre quelle ambulanti sono aumentate del +36,3% (fuori dal centro del +5,1%). Anche alberghi, bar e ristoranti sono aumentati del +10,2%. A resistere e crescere nei centri storici delle città di provincia italiane sono soprattutto alberghi, bar e ristoranti (in aumento negli ultimi otto anni del +10,9% in centro e del +9,9%, in periferia), insieme ai negozi di computer e telefonia (+13,4%io in centro e -3,3% in periferia) e alle farmacie (+5,8% in centro, +14,4% in periferia). Saracinesche invece sempre più abbassate per i negozi di libri e giocattoli (-23,4% nei centri storici e -11,7% nelle periferie) e quelli di vestiario e tessili (-16,4% in centro e -14,4% in periferia).
Il dato forse più sorprendente nel report messo appunto dall’ufficio studi di Confcommercio è quello del boom degli ambulanti nel Sud (+85,6% nei centri storici e +25,3% nelle periferie) con punte “patologiche” come a Palermo e a Lecce, dove i venditori “mobili” sono rispettivamente quadruplicati e raddoppiati. E proprio al Sud si registra il calo maggiore di negozi con sede fissa sia nei centri storici che nelle periferie (-18,4% e-13,4%). Più contenuto, ma comunque rilevante, il fenomeno nel Nord-Ovest dove il commercio “stabile” è in calo del -16,3% (del -14,3 nelle periferie), come quello degli ambulanti (-10,7%% nel centro città e -18,7% nelle periferie).
Fonte: Il Sole 24 Ore