Ai consumatori francesi piacciono sempre più i prodotti BIO (frutta, verdura, legumi, carne e latte) ne hanno divorato per oltre 7 miliardi di euro l’anno scorso (con un balzo del 20%: dati dell’osservatorio pubblico Agence Bio), e per conseguenza i produttori francesi hanno sempre più convenienza a trasformare le loro aziende da tradizionali a biologiche. Le aziende che producono BIO, senza o con poca chimica, sono oggi più di 30mila (32.326 per l’esattezza) e coprono più di 1,5milioni di ettari, il 5,7% della Sau, la superficie coltivata.
L’obiettivo che, nel 2013, si era dato il ministro Stéphane Le Foll con il suo piano quadriennale Ambition Bio 2017 era molto più ambizioso e, per questo, aveva pure raddoppiato l’ammontare dei contributi (pagati dall’UE) da 80 a 160 mln di euro. Salvo poi vederseli congelati dal commissario UE all’agricoltura, l’irlandese Phil Hogan, per il sospetto che i francesi avessero un po’ esagerato nelle richieste di finanziamento: troppi ettari, meglio controllare (si veda ItaliaOggi del 25 gennaio scorso). Comunque sia, la corsa al BIO non si è mai fermata in questi anni, nonostante le difficoltà burocratiche per accedere ai finanziamenti. La prima presidente donna della Fnab (Fédération nationale d’agriculture biologique), Stephanie Pageot, ingegnere agrario, che gestisce insieme col marito un’azienda zootecnica da 160 ettari e 300 mila litri di latte bio nella Loira Atlantica, mette le mani avanti: Al settore ha ricevuto 130 mln di euro di contributi nel 2015, poi il meccanismo s’è fermato e nessuno dei miei diecimila associati ha saputo più nulla». Silenzio. Solo che senza contributi l’agricoltura biologica fa fatica, non garantisce al momento un reddito adeguato. Sia in Francia sia in Italia. Qui, almeno, c’è la Gdo a dare una mano con le sue «private label» con cui si firmano i prodotti bio.
I supermercati Leclerc, per esempio, hanno creato il marchio «Consommation responsable» e Carrefour uno che suona come una poesia «Meilleur chaque jour» (Ogni giorno più buono). Dietro i marchi c’è una politica di sostegno finanziario ai fornitori. Carrefour, per dire, s’è concentrata sui polli bio, allevati senza antibiotici. Ne vende più di un milione l’anno e si è impegnata a sostenere 300 aziende zootecniche nella fase (abbastanza costosa) della riconversione. In nome del business – la spesa bio vale sette miliardi di giuro come si diceva prima – sono tutti pronti a dare una mano.
Fonte: Italia Oggi