In 5 anni 14mila tonnellate di Mela Val di Non DOP biologiche Galant e Isaaq: sono i nomi delle varietà da cui il Consorzio di tutela della Melinda partirà per la conversione di parte della produzione di mele a biologico. Un «Piano Bio» che nei giorni scorsi il direttore generale, Paolo Gerevini, ha presentato a Segno di Predaia (Trento) durante l’«Assemblea dei 300», incontro che periodicamente riunisce tutti i consiglieri delle 16 coop associate. Che la produzione di «Melinda» – marchio che riunisce le tre varietà di Mele della Val di Non DOP (Golden delicious, Red deliciou e Renetta del Canada, dal 2003 a Denominazione di origine protetta) – fosse sostenibile lo si sapeva. Quanto alle motivazioni che hanno spinto i produttori consorziati a questa svolta, Gerevini ha spiegato che si tratta di un percorso che contribuirà a rendere ancora più tangibile la sostenibilità delle coltivazioni.
«L’iniziativa – ha detto – giova alla reputazione del marchio Melinda e rappresenta una possibilità per i soci di differenziare le coltivazioni. Non ultimo, la scelta di conversione al biologico rappresenta un’opportunità commerciale perché il Consorzio riuscirebbe in questo modo a garantire forniture costanti ai clienti». Attualmente la produzione di Melinda bio è di circa 2.500 tonnellate, su circa 80 ettari coltivati. Il piano prevede di raggiungere in cinque anni una superficie coltivata con metodo biologico di 300 ettari ( 370%) per una produzione di mele stimata in 14mila tonnellate. Tale produzione consentirà a Melinda di essere presente in maniera costante sul mercato e di lavorare il prodotto in massima sicurezza. Il progetto prevede la produzione di varietà adatte alla coltura bio richieste dal consumatore e che possibilmente abbiano caratteristiche di resistenza e quindi adatte a una più semplice gestione agronomica.
È previsto un sostegno alla diffusione di Distretti o Isole bio, o comunque superfici sufficientemente grandi che garantiscano sicurezza a queste produzioni. Sarà organizzato un adeguato servizio di assistenza tecnica alle nuove superfici, con aumento delle unità lavoro dedicate, un eventuale team tecnico bio con un responsabile e, soprattutto, promuovendo formazione specifica ai produttori soci. Saranno inoltre coinvolti capillarmente tutti i possibili interessati al progetto, compresi gli amministratori locali. La fattibilità del piano sarà garantita da un’adeguata copertura economica a sostegno dei soci intenzionati ad aderirvi.
Fonte: Il Sole24Ore – Agrisole