Si sta allargando a macchia d’olio l’indagine dei carabinieri del Nas sugli allevamenti e stabilimenti di produzione del Prosciutto San Daniele DOP. Mentre sale il numero degli indagati nella Marca, l’attività degli allevamenti, finiti nel mirino del Nas di Udine, è praticamente bloccata. I verri (maiali maschi da riproduzione), oggetto dell’indagine, sono stati posti sotto sequestro ed è stato disposto l’esame del Dna su un campione di “suinetti” di ciascun allevamento finito nelle maglie dei controlli per capire se sono stati riprodotti dai verri ammessi alla filiera DOP e, dunque, se è stata rispettata la filiera del prosciutto a Denominazione d’origine protetta.
Il sospetto degli investigatori è, infatti, quello che la produzione del prosciutto San Daniele DOP sia stata contaminata da verri da riproduzione non ammessi al DOP. In particolare verri danesi, la cui carne è sanissima ma senza le caratteristiche di qualità e tipicità richieste per produrre prosciutti che si possano fregiare della Denominazione di origine protetta. Il problema, dunque, nasce dalla fecondazione delle scrofe con il seme di verri dal genoma compatibile o meno con le razze consentite dal regolamento di produzione.
Due sono le procure che coordinano l’inchiesta. La procura di Torino, da cui parte l’inchiesta dopo un controllo su un’azienda piemontese che commercializza il seme suino, e quella di Pordenone. La prima ha messo sotto inchiesta due trevigiani: una donna di 33 anni, residente a San Pietro di Feletto, ed un allevatore di Roncade di 53 anni. Quest’ultimo risulta indagato anche dalla procura di Pordenone, in un parallelo filone d’inchiesta, assieme ad altri allevatori: un 35enne di Istrana, un 49enne di Roncade, un 40enne di Resana ed un 44enne vicentino con allevamento nella Marca.
Fonte: La Tribuna di Treviso