«Per la prima volta viene stabilito un principio in base al quale si dà priorità alle eccellenze massime italiane, il lavoro però è solo cominciato, c’è bisogno di capire quali sono i passaggi legali successivi e, mai come ora, è fondamentale approfondire i passaggi legali perché tutto questo non venga perso in una semplice notizia-annuncio». Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, punta al cuore del problema e commenta così l’attesissima svolta sul riconoscimento reciproco delle denominazioni IGP tra Cina ed Europa “chiusa” a margine del Summit EU-China. Si passa dalle 1o cinesi più 1o IG europee dell’era del commissario all’Agricoltura, il romeno Dacian Ciolos, che fece da apripista nel 2012, alle 1oo cinesi più 1oo europee di cui ben 26 sono IG italiane.
L’elenco dei 200 prodotti è stato pubblicato, ma l’accordo vero e proprio delle IG che saranno tutelate, dovrà essere concluso entro l’anno. E dovrà rispettare quanto dispone l’accordo Trips sulle indicazioni geografiche all’articolo 22, paragrafo i. Dalla pubblicazione scattano i due mesi per le eventuali opposizioni alla registrazione di questa protezione: la dichiarazione dovrà essere debitamente motivata, ad esempio, in caso di conflitti che potrebbero o indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto, o in casi di omonimia (o di parziale omonimia) di una denominazione già protetta. Al dialogo tra Europa e Cina sulla sicurezza e la qualità alimentare, martedì 13 giugno la Luiss School of Law organizza un incontro al quale prenderanno parte tra gli altri il rettore Paola Severino, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, l’ambasciatore cinese a Roma Li Ruiyi, e quello italiano a Pechino, Ettore Sequi, Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare ed Elisabetta Belloni, segretario generale del Maeci.
Fonte: Il Sole 24 Ore