Filo diretto con i Consorzi di Tutela Giuseppe Mannino da due mandati è presidente del Consorzio Vini Etna DOC, che rappresenta circa 100 aziende di numerosi comuni della provincia di Catania. Oggi i vini dell’Etna, rappresentano una delle eccellenze vitivinicole dell’isola e se le classifiche di settore confermano lo stato di grazia dell’enologia siciliana in generale, le stesse classifiche proclamano fra i vini più premiati proprio quelli prodotti alle pendici del vulcano. Questi risultati sono stati ottenuti grazie alla riscoperta e alla valorizzazione di molti vitigni autoctoni, primi fra tutti quelli tipici della zona vulcanica. Un merito quindi che va in buona parte ai produttori che hanno creduto in questa terra bellissima ma molto difficile, alla “viticoltura eroica” rispettosa del particolare ambiente sull’Etna.
Come presidente del Consorzio Etna DOC e come produttore, lei ha scritto una lunga lettera dove evidenzia la mancanza di attenzione della classe politica e amministrativa siciliana nei confronti della vostra denominazione.
“Sì, i produttori dell’Etna sono poco considerati, inascoltati e spesso vessati. Vorremmo maggiore considerazione. L’Etna è diventata talmente importante nel panorama vitivinicolo internazionale che le più importanti cantine siciliane stanno acquistando vigneti all’interno della DOP Etna, ma anche produttori nazionali, inglesi, belgi, svizzeri e persino giapponesi si sono insediati alle falde del vulcano, riconoscendone eccellenza e potenzialità. Per questo è necessario rendere appetibile il territorio agli investimenti e non aspettare che tutto venga fatto dai privati. I produttori etnei hanno sostenuto e sostengono considerevoli investimenti per garantire i massimi standard di qualità del prodotto e la migliore accoglienza a chi viene a visitare il nostro territorio, tutto nella tutela del patrimonio ambientale, ripristinando terrazzamenti, ristrutturando palmenti ed edifici rurali e tutto quello che è necessario per mantenere in buono stato il “sistema Etna” in tutte le sue sfaccettature”.
Quindi vi sentite abbandonati?
“E’ tutto fermo per colpa della burocrazia. Abbiamo accumulato anni di ritardi sui progetti che abbiamo proposto. Vorremmo che si sbloccasse questa situazione altrimenti il rischio è di vedere vanificati gli sforzi enormi che piccole aziende come le nostre hanno sostenuto e continuano a sostenere. Vogliamo essere messi in condizione di poter programmare gli investimenti nelle nostre aziende avendo certezza nella tempistica e nella liquidazione delle pratiche e non con bandi a scadenze ravvicinate e con poco tempo per la realizzazione delle opere. Gli agricoltori dell’Etna, non solo devono difendersi dalle avversità climatiche e ambientali, ma anche dalla lentezza dell’apparato pubblico”.
E dopo la sua lettera di denuncia alla classe politica e amministrativa siciliana, adesso cosa sta succedendo?
“Per adesso niente, ma sembra che presto verremo convocati per ristabilire nuovi criteri. L’Etna è un mondo a sé, fatto di singoli imprenditori, e spesso sono aziende non grandi, con piccoli appezzamenti, ma se non hai almeno 6 ettari, non accedi ai finanziamenti. Questo criterio penalizza i nostri produttori. Noi non vogliamo più lavorare da soli, lo facciamo solo quando ci sentiamo lasciati da soli, allora troviamo la forza di andare avanti, ma non è giusto. I nostri vini stanno raccogliendo grandi successi, la materia prima è straordinario e irripetibile”.
Come Consorzio siete molto sensibili alla tutela territorio, del delicato “sistema Etna”
“Certamente, perché è il nostro vero patrimonio. Non ci sono per adesso certificazioni specifiche, perché c’è da sempre un’attenzione naturale verso il territorio. Qui si produce con pochi interventi, non è permesso irrigare, puntiamo molto sulla qualità. Dall’estero c’è molto interesse verso i vini del vulcano: USA, Germania, Svizzera, Nord Europa, sono i nostri mercati migliori e giocare la carta della tutela del territorio è importante anche per presentarsi all’estero”.
Fonte: Fondazione Qualivita