L’Erbaluce di Caluso DOP festeggia l’anniversario della denominazione e guarda avanti con ottimismo: cinquant’anni e una nuova giovinezza. L’unica DOCG (dal 2010) del capoluogo piemontese ha aperto le celebrazioni del cinquantennio con l’anteprima a cura di Confagricoltura Torino in cui sono stati forniti i dati di produzione e analizzate le prerogative dell’ultima annata. L’appuntamento vero e proprio con i festeggiamenti sarà a ottobre insieme al Consorzio di tutela Caluso Carema Canavese.
Le novità iniziano proprio da qui, con un futuro dalle sfumature rosa per la presidenza affidata a una donna: Caterina Andorno, sommelier, espressione della Cantina della Serra di Piverone, titolare di un’azienda agricola e agrituristica ad Albiano d’Ivrea e con un’ampia esperienza nel mondo della comunicazione del vino. Andorno succede a Gian Lugi Orsolani, titolare dell’omonima maison appartenente al Comitato Grandi Cru d’Italia. Completano lo staff di presidenza i vice Alessandro Comotto, contitolare dell’azienda La Masera, e Bartolomeo Merlo, presidente della Cantina Produttori Erbaluce di Caluso. E’ la prima volta che una donna è alla guida del Consorzio: «Intendo puntare sulla promozione, sia in Piemonte, sia nelle altre regioni d’Italia – afferma, – Per l’Erbaluce di Caluso DOP ci sono ampi spazi di miglioramento delle performance sui mercati. I segnali di interesse sono evidenti, garantiti dalla qualità delle ultime vendemmie, ma parliamo di una piccola produzione ancora da raccontare al pubblico».
La DOP nasce in 196 ettari vitati in 36 comuni delle province di Torino, Vercelli e Biella. «Negli anni», precisa il direttore di Confagricoltura Torino, Ercole Zuccaro, «la superficie dedicata è sempre aumentata, a conferma che c’è attenzione per il prodotto e soddisfazione per i viticoltori». La vendemmia 2016 si attesta su 9.500 ettolitri, pari a 1,2 min di bottiglie potenziali, in linea con il precedente raccolto. Il valore economico allo scaffale è di circa 10 mln/euro per le tre tipologie, tutte derivanti dalla stessa uva: bianco fermo, spumante metodo classico e passito. «Se quest’ultimo ha la tradizione più antica», aggiunge Andorno, «da qualche anno si sta affermando lo spumante, sulla scia del successo delle bollicine italiane».
Fonte: ItaliaOggi