Se da un lato Italia e Cina cercano accordi per sviluppare la collaborazione in campo alimentare dall’altro dagli USA arriva una chiara offensiva nei confronti dei prodotti a denominazione d’origine europei. E di conseguenza anche all’Italia che è leader in Europa per marchi DOP e IGP. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dalla Fondazione Qualivita che ha analizzato “L’Agenda 2017 delle politiche del commercio USA“. In particolare nel rapporto governativo annuale sulla proprietà intellettuale “2017 Special 301 Report” si sottolinea «il continuo impegno dell’amministrazione Trump a limitare i danni creati dal riconoscimento delle Indicazioni Geografiche (IG) da parte dell’Unione europea». La relazione – spiegano alla Fondazione Qualivita – evidenzia le minacce per le aziende USA che usano i nomi comuni dei prodotti agroalimentari, all’interno degli USA e nel commercio globale. Nel merito, IUSTR evidenzia «gli effetti negativi che l’approccio dell’UE nei confronti delle Indicazioni Geografiche può avere per i produttori e commercianti statunitensi nell’accedere ai mercati internazionali e del terzo mondo».
«La posizione del dipartimento del commercio USA è molto pericolosa – ha detto l’europarlamentare Paolo De Castro, vice presidente della Commissione Agricoltura UE – perché potrebbe portare alla proposta di dazi specifici sulle produzioni di qualità. Ciò che l’amministrazione Trump dovrebbe ricordare – ha aggiunto De Castro che, dai vini della Napa Valley alle patate dell’Idaho, i riconoscimenti geografici sono una leva distintiva sul mercato globale anche per gli USA».
Dal Rapporto traspare che il principale obiettivo USA sul fronte delle Indicazioni Geografiche è assicurare che la protezione non violi i diritti precedentemente definiti; non pregiudicare l’utilizzo da parte dei produttori dei nomi generici come “Parmesan” o ” Feta”. Opporsi all’estensione della protezione concessa alle IG Wine e Spirits ad altri prodotti (Accordo tra USA e UE sul commercio del vino, 2006). «Gli immensi sforzi effettuati nel tempo dalle imprese italiane ed europee – ha aggiunto il direttore generale della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati – per promuovere e commercializzare i propri prodotti alimentari nel mercato USA rischiano di essere vanificati. Asserire che “Parmigiano Reggiano” e “Feta” siano nomi comuni è un grande passo indietro per l’America sia sul fronte commerciale ma anche su quello culturale. I consumatori americani in primis si meritano più verità sui prodotti che mangiano e le Indicazioni Geografiche rappresentano soprattutto una garanzia per loro».
Fonte: Il Sole 24 Ore – Agrisole