Su lasagne, cannelloni e preparazioni gastronomiche “su 100 chili di formaggio vaccino grattugiato e utilizzato nelle cucine professionali non più di 56 sono di formaggi a denominazione, il resto proviene da produzioni casearie similari. Mentre nei consumi domestici i formaggi similari già grattugiati vengono acquistati in proporzioni nettamente inferiori, il 12% delle confezioni in busta. Questo vuol dire che le famiglie sono più propense a scegliere la qualità DOP rispetto al prezzo, negli esercizi invece il prezzo guida le forniture“. Lo ha detto Stefano Berni, direttore generale del Consorzi di tutela Grana Padano, a margine dell’assemblea dell’Associazione italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (Aicig).
“Abbiamo chiesto al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali un decreto che impegni la ristorazione – ha annunciato Berni – a indicare quali carni, olio, e formaggi vengono utilizzati nelle preparazioni dei piatti in menu e quanti di questi ingredienti base della nostra cucina siano autenticamente made in Italy. Un passo importante per la qualità nutrizionale nelle pause pranzo e nei pasti fuori casa più frequenti – ha sottolineato – alla luce del fatto che dei 290mila punti di ristorazione distribuiti sul territorio italiano l’85% ha uno scontrino medio sotto i 20 euro. Non parliamo quindi dei ristoranti da grande occasione, ma comunque di una spesa che, col totale dei conti presentati dai 290mila esercizi, si mangia il 35% della spesa alimentare”.
“Abbiamo inoltre richiesto alla distribuzione moderna – ha detto il direttore generale del Consorzio Grana Padano – una separazione netta tra le produzioni a denominazione e i generici, mutuando il precedente tra i panettoni e gli altri dolci nelle ricorrenze. Quando i dolciumi generici sono stati messi in cesti o scaffali a parte, hanno perso fino a 50% dei volumi di vendite. Per ora abbiamo ottenuto dialogo, ma occorre lavorare ancora per risultati concreti”.
Fonte: La Gazzetta dell’Economia