Semaforo verde alla circolazione delle merci per 600 milioni di persone. Un segnale in assoluta controtendenza rispetto alla politica protezionista di Donald Trump: è l’effetto politico dell’accordo per il libero scambio tra Europa e Giappone firmato a Tokyo dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il premier giapponese Shinzo Abe.
Ossigeno per il Giappone che è la quarta economia per esportazione del mondo con 688 miliardi di export e un import di 575 miliardi di dollari. Ossigeno per l’Europa in un momento difficile nelle relazioni con gli Stati Uniti e alla vigilia della Brexit. Ossigeno ancheper l’Italia.
Nel 2016 l’Italia ha esportato in Giappone merce per 6 miliardi di euro (+9,6% e la previsione per il 2017 è del +4,9%), divenendo il15° mercato di destinazione dell’export italiano con una previsione di crescita di 1,8 miliardi nel 2020.
Anche sul piano import, i dati testimoniano un interesse reciproco Italia/Giappone: l’Italia ha importato quattro miliardi di euro di merce dal Giappone, un aumento del +28,7% rispetto al 2015. Secondo SACE, i nostri vicini europei sono anche i nostri principali competitor nel mercato dell’export in Giappone, rispettivamente con quote del 1,7% (Francia), 3,6% (Germania), e 0,6% (Spagna). L’Italia invece detiene 1,4% con la seguente distribuzione per settore: tessile e abbigliamento (20%), meccanica strumentale (14%), altri consumi (14%), chimica (13%), mezzi di trasporto (12%), Alimentari e bevande (10%) e altro (17%).
L’ accordo Jefta (Japan-Ue free trade agreement) chiude le trattative avviate nel 2013 e copre un’area di libero scambio che riguarda quasi un terzo del Pil mondiale. Una volta attuato completamente l’accordo, il Giappone avrà soppresso i dazi doganali sul 97% dei beni importati dall’Ue (in termini di linee tariffarie), per una stima di 1 miliardo l’annodi risparmi.
Vini e mozzarella
Per quanto riguarda l’agricoltura e l’alimentare, si prevede che vengano eliminate le tariffe giapponesi su molti formaggi che sono attualmente al 29.8% (si prevede un contingente esente da dazi per i formaggi freschi come la mozzarella), così come sul vino al quale è imposta una barriera media del 15%.Si permette poi alle aziende europee di incrementare la propria quota di esportazioni di carne, con la specifica che per quella di maiale ci sarà una assenza di barriere doganali per la carne processata e livelli bassi di imposizione per la carne fresca. I dazi sulle carni bovine saranno ridotti dal 38,5% al 9% nel corso di 15 anni su un volume “considerevole” di prodotti a base ditali carni.
L’intesa sostiene l’agroalimentare italiano senza alcuna discriminazione tra Nord e Sud come è avvenuto in occasione del Ceta con il Canada che tutelava quasi esclusivamente le dop e le igp del Nord. Invece sono tutelati tutti i marchi europei, dunque i vini, la mozzarella, i pomodori, gli oli e la stessa Pasta di Gragnano IGP. «Un accordo ottimo valuta l’imprenditore Giuseppe Di Martino, pastaio in Gragnano – perché quando circolano le merci liberamente noi abbiamo solo da guadagnarci. Il protezionismo non ha mai aiutato nessuna economia a crescere, è uno scudo di cartone».
Ma non basta: Europa e Giappone hanno anche dato il via libera al libero flusso di scambio di dati. Le due parti trovano così un’intesa storica per quello che è il primo riconoscimento reciproco, tra l’Ue e un Paese terzo, del livello adeguato della protezione delle informazioni personali. Le autorità giapponesi si impegnano a modificare la legislazione nazionale espandendo la definizione di dati sensibili, allineandosi così agli standard comunitari.
«Un duro colpo al protezionismo», così Juncker ha definito l’accordo. Così lontani, così vicini: Europa e Giappone mostrano di avere affinità elettive nel settore economico ampliando così una rete di libero scambio di cui gli altri attori mondiali non potranno non tenere conto.
Fonte: Il Mattino