Attenzione: non è un caso maldestro di «Italian sounding» alla cinese. Perché se il Chianti DOP si chiamerà Shiandi nell’ex Celeste impero non sarà per mano di qualche furbo produttore locale, ma dello stesso Consorzio Vino Chianti che, dopo una lunga trafila burocratico-amministrativa, è riuscito a registrare il proprio marchio in caratteri cinesi, con la possibilità di utilizzarlo sulle etichette che verranno esportate in Oriente. E la traslitterazione scelta ha una fonetica piuttosto simile all’originale: Shiandi, appunto.
«E’ un passo epocale per il marchio, che in questo modo sancisce il radicamento nel mercato cinese», esulta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi, secondo il quale «grazie ad un intenso lavoro di promozione, il vino Chianti DOP è amato e da oggi sarà ancora più apprezzato in un paese che conta 1,3 miliardi di persone, con un mercato dalle potenzialità enormi. Con questa registrazione abbiamo realizzato uno step importante del nostro progetto a lungo termine di internazionalizzazione a favore delle imprese toscane». Il tutto si è realizzato dopo una difficile fase istruttoria legata alla particolare complessità amministrativa delle istituzioni cinesi.
Particolare attenzione è stata posta alla scelta dei caratteri, per combinare l’assonanza fonetica con un significato complessivamente positivo del nome del marchio: il primo carattere è utilizzato per indicare un’attività a favore di terzi; il secondo è la pace; il terzo indica le radici di un fiore.
Un risultato simile fra i brand italiani lo ha ottenuto Giovanni Busi per Bulgari, divenuto Baojiali («prezioso, buono e bello»). Quasi un secolo fa, invece, Coca Cola scelse la traslitterazione in Kekoukele («felicità nella bocca»), dopo che alcuni commercianti cinesi avevano optato per una traslitterazione foneticamente più fedele, ma dal significato poco attrattivo di «mordi il girino di cera».
Le aziende associate interessate all’utilizzo del marchio sulle proprie etichette potranno farne richiesta direttamente al Consorzio: c’è da credere che possano essere molte, visto che il mercato cinese sta confermando un trend di crescita per le importazioni di vino italiano, con un +3,3 per cento stimato da Nomisma che sale al +11,3 per cento per i rossi toscani DOP.
Il Chianti DOP, secondo i dati diffusi la primavera scorsa dal portale Winelta, è la denominazione più conosciuta in Cina: e il Consorzio punta così forte su questo mercato da avere appena lanciato il progetto «Chianti Academy» fra Shenzhen, Guangzhou, Shanghai e Pechino per insegnare ai professionisti del settore la storia del Chianti, la sua cultura e la sua filiera produttiva.
Fonte: Il Corriere Fiorentino